domenica 23 ottobre 2016

Repubblica 23.10.16
Il rimprovero della Asl dopo l’aborto “Implicazioni morali, non fatelo più”
Bari, un prestampato distribuito dopo l’intervento fa infuriare pazienti e sindacati La retromarcia della direzione sanitaria: lo ritireremo e ne proporremo uno più asettico
di Antonello Cassano

BARI. «Gentile signora, ci auguriamo che questa sia l’ultima volta che pratica l’aborto». Negli ospedali di Bari, le donne che hanno bisogno di effettuare un’Ivg, interruzione volontaria di gravidanza, non devono solo fare una disperata corsa contro il tempo in cerca dei pochissimi medici non obiettori di coscienza, ma a intervento terminato devono anche subire una ramanzina scritta in modo burocratico. La ramanzina è contenuta in un documento, un prestampato dell’Asl Bari, in cui si ammoniscono le pazienti, attraverso la formula di un augurio, a non effettuare più l’aborto.
Proprio uno di questi documenti nei giorni scorsi è stato consegnato a una donna che ha effettuato l’interruzione di gravidanza all’ospedale Fallacara-Di Venere, uno dei presidi dell’Asl barese: «Gentile signora — è scritto nel prestampato che riporta l’intestazione dell’azienda sanitaria locale — su sua richiesta è stata sottoposta a Igv. Le auguriamo che l’intervento cui è stata sottoposta in data odierna rimanga unico».
Il testo del documento non finisce qui, ma prosegue analizzando le ripercussioni dell’atto appena compiuto dalla paziente: «L’Ivg ha delle implicazioni di ordine morale, sociale e psicologico, non è solo una mera procedura chirurgica o farmacologica — è scritto ancora nel prestampato — ma un rischio per la stabilità emotiva con possibili ripercussioni sul piano relazionale. Perciò si dovrà adottare un valido metodo contraccettivo affinché la vita affettiva e sessuale possa svolgersi serenamente».
Senza parole la donna che ha ricevuto il testo subito dopo aver abortito: «Quando lo ha letto è rimasta sgomenta — confessa un’amica che preferisce rimanere anonima — la scelta di abortire è stata difficilissima per lei e per il suo compagno. Quelle parole hanno ferito entrambi».
La vicenda provoca anche l’immediata protesta di Antonella Morga, segretaria regionale della Cgil Puglia: «Con questo documento si dà per scontato che le donne non siano in grado di autodeterminarsi — dice la sindacalista da sempre in prima fila nella lotta per i diritti delle donne e per il rispetto della legge 194 — in questi giorni in cui il nostro pensiero va alla povera Valentina Milluzzo (la 32enne morta a Catania domenica scorsa nel reparto di ginecologia dell’ospedale Cannizzaro, in cui ci sono solo ginecologi obiettori di coscienza, ndr) è davvero triste dover scoprire che a Bari si facciano tali pressioni su chi vuole abortire. Ora bisogna capire se questa pratica è diffusa anche in altre strutture ».
La vicenda assume toni paradossali se si considera che l’ospedale in cui è stato consegnato quel modulo è uno dei pochi che garantiscono il rispetto della legge 194, effettuando senza sosta le interruzioni volontarie di gravidanza.
In città e nel resto della Puglia fra ginecologi, anestesisti e ostetriche prevalgono gli obiettori di coscienza: ben 1.186 su un totale di 1.419 unità di personale presenti nei reparti di ostetricia e ginecologia, secondo dati del 2015 raccolti dall’Osservatorio epidemiologico regionale, pari all’83,6 per cento del totale. Una percentuale altissima che rende complicata anche la ricerca di una pillola del giorno dopo.
La scoperta del modulo da alcuni è dunque stata percepita come l’ultimo degli attacchi ai principi della legge 194. Ora però l’Asl Bari si dichiara pronta a correre ai ripari e a ritirarlo: «Si tratta di un vecchio testo risalente a qualche anno fa, vogliamo capire quante volte è stato utilizzato — dice Silvana Fornelli, direttrice sanitaria dell’azienda — lo elimineremo e creeremo un documento di dimissioni che sia più asettico e che dia solo indicazioni terapeutiche».
Ma la vicenda continua a far discutere: «Le donne sono consapevoli del fatto che l’Ivg non sia una passsegiata. Le frasi contenute in quel testo minano l’autodeterminazione di chi decide di abortire, mettendola in condizione di sentirsi in colpa — denuncia Maria Pia Vigilante, presidente di Giraffah onlus, che si occupa di donne vittima di violenza — questa vicenda è oscena».