domenica 23 ottobre 2016

Repubblica 23.10.16
Fenomenologia e prassi dell’essere imbecilli
Storie e personaggi in un trattatello semiserio di Maurizio Ferraris su un carattere dell’essere umano definito come “indifferenza ai valori cognitivi”
di Stefano Bartezzaghi

Non stupirebbe sapere di una libreria che dedichi una sezione monografica al campo «stupidità, imbecillità, idiozia e fessaggine». Per limitarsi all’Italia, recentissimo è un dizionario della stupidità di Piergiorgio Odifreddi; qualche anno fa Gianfranco Marrone aveva integrato e aggiornato un suo importante saggio sulla stupidità; l’antropologa italofrancese Lynda Dematteo ha esplorato presenza e ruolo dell’«idiota in politica»; l’ultima polemica suscitata da Umberto Eco ha riguardato gli «imbecilli dei social media ». Tutti infine conoscono il fortunato saggio sulle leggi universali della stupidità dell’economista Carlo Maria Cipolla. Quasi trent’anni dopo, lo stesso successo di quest’ultimo se lo augura il filosofo Maurizio Ferraris che nella stessa spiritosa collana ora pubblica L’imbecillità è una cosa seria (il Mulino, pagg. 130, euro 12).
A patto di dichiararsi preliminarmente parte in causa (mossa obbligatoria e sperabilmente sincera), scrivere un libro su questa area della condizione umana (e sui suoi confini così poco precisabili) consente piaceri variegati: ricordare aneddoti e citazioni di sicuro effetto umoristico, dileggiare avversari disciplinari e anche totem culturali (qui, per esempio, Rousseau, Baudelaire, Heidegger, Lacan, Nietzsche...), coniare strumenti analitici, come qui il «colpo d’imbecillità» (versione rovesciata, e assai più diffusa, del «colpo di genio ») restando dentro a quel tono di semiserio che è il più opportuno, nella comunicazione contemporanea.
Ferraris non si nega nessuno di questi piaceri, essendo lui del resto un virtuoso del genere del trattatello ironico. Ma se esempi e digressioni rispondono a una volontà di intrattenimento (della quale il lettore non potrà che essergli grato), il libro non manca di avere una tesi di fondo, e anche molto forte. A differenza di alcuni suoi predecessori, non procede per tipologie, dell’imbecillità non cerca psicogenesi e sociogenesi. La definisce come «indifferenza ai valori cognitivi», la prende come un dato di realtà e la pone alla radice dell’esistenza umana. È da imbecilli, e pazienza per Rousseau, pensare che l’uomo sia nato libero. In realtà l’uomo è nato imbecille e le armi con cui cerca di affrancarsi dall’imbecillità (cultura e senso del ridicolo) sono di per sé stesse insufficienti, né proteggeranno mai nessuno da occasionali, e magari esiziali, colpi di imbecillità. «La frase di Margaret Thatcher, “la società non esiste, esistono solo gli individui e le famiglie» va completata con “e molti di questi individui sono imbecilli”». Per Ferraris l’imbecillità è una causa prima: «Siamo indubbiamente cattivi, non per difetto di cultura o per eccesso di natura, ma per semplice imbecillità». Il libro è divertente; quello a cui fa pensare lo è meno.
L’IMBECILLITÀ È UNA COSA SERIA di Maurizio Ferraris IL MULINO PAGG. 129, EURO 12,00