venerdì 21 ottobre 2016

Repubblica 21.10.16
La Finanziaria senza trasparenza
di Roberto Petrini

IL RITARDO nella trasmissione al Quirinale, al Parlamento e — se è lecito — all’opinione pubblica, della legge di Bilancio e del decreto fiscale, approvati sommariamente durante la seduta del Consiglio dei ministri di sabato 15 ottobre, crea dubbi.
NON aiuta la trasparenza istituzionale e rischia di generare caos negli adempimenti fiscali. Ancor prima di formulare un giudizio sulla qualità delle misure che Renzi e il suo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan hanno messo in campo e sul braccio di ferro in corso a Bruxelles, è obbligatorio verificare se la tempistica che si sta scegliendo non contrasti con il dettato della nuova normativa sulla contabilità pubblica che ha mandato in soffitta le vecchie leggi Finanziarie e di Stabilità e oggi si chiama legge di Bilancio.
Non è solo un fatto formale, la rivoluzione contabile ha proprio l’obiettivo di rendere più trasparente l’intero processo di bilancio, contiene anticorpi per evitare il suk degli emendamenti ed apre la strada anche all’inserimento di indicatori di sostenibilità ambientale e di genere. Non onorarla dal battesimo sarebbe un’occasione perduta.
Sul piano del calendario, opportunamente, si danno cinque giorni in più al governo, rispetto alla tradizionale data del 15 ottobre, per presentare al Parlamento la nuova legge di Bilancio. Non va dimenticato che i cinque giorni in più sono stati previsti dalla nuova disciplina proprio per consentire al governo di coordinarsi con l’Europa e avere la possibilità di far precedere la legge di Bilancio dal Draft Budgetary Plan, la sintesi che viene inviata a Bruxelles da tutti i Paesi entro il 15 ottobre.
Se queste sono le coordinate il provvedimento sarebbe dovuto giungere ieri alla Camera, cosa che non è avvenuta, fino a poco prima della mezzanotte, anzi si prevede che arriverà non prima di lunedì 24 ottobre: la motivazione delle trattative con Bruxelles, della revisione delle norme contestate dalla Commissione o della limatura delle una tantum, spiega ma non giustifica il ritardo. Forse ci sono deroghe per il cittadino quando deve pagare l’Iva o conciliare una multa? Legittima è anche l’apprensione di pensionati, dipendenti pubblici, imprese e famiglie sui decisivi commi della legge: per ora devono fidarsi degli annunci. Senza contare che i tempi del dibattito in Commissione Bilancio si comprimono con un evidente deficit di valutazione e analisi.
Chi ricorda tempi relativamente recenti, solo una decina di anni fa, dei governi Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa osserva che allora il comportamento era assai differente. Il testo della Finanziaria arrivava in Consiglio dei ministri la mattina, l’esame avveniva articolo per articolo, richiedeva anche 10 ore di lavoro e si correva al Quirinale. Tuttavia in calce a quel testo c’erano le firme del premier, del ministro del Tesoro e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Era un testo di legge, chiuso e confezionato, al riparo da ulteriori modifiche e pressioni. Oggi con la pratica del varo dell’articolato “salvo intese”, ovvero solo la copertina, introdotta da Tremonti nel famoso Consiglio dei ministri di 9 minuti e mezzo del giugno 2008, i cittadini non hanno un testo di legge ma soltanto slide.
A tutto ciò si aggiunga che è in ritardo anche la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e relativo invio in Parlamento del decreto contenente le due sanatorie fiscali: voluntary disclosure e rottamazione delle cartelle. Dall’annuncio sarebbero passati già quattro giorni lavorativi: tanto basta ai contribuenti più scaltri per mettere in atto comportamenti opportunistici, sospendendo i pagamenti rateizzati in attesa della eliminazione delle sanzioni. Serve appena ricordare che le misure fiscali, soprattutto quelle di carattere condonistico, per tradizione vengono adottate con immediata esecutività per decreto e subito pubblicate in Gazzetta. In queste circostanze velocità e trasparenza sono qualità indispensabili anche in politica.