Repubblica 21.10.16
Perché sto con Wiki-Hillary e dico grazie alle spie di Putin
di Thomas L. Friedman
LO
CONFESSO, cominciavo ad avere dei dubbi sulle reali convinzioni della
vera Hillary Clinton, quella a porte chiuse, quella che nessuno riesce
mai a vedere. Ma ora che, grazie a Wikileaks, ho avuto l’occasione di
studiare attentamente i suoi discorsi alla Goldman Sachs e ad altre
banche, sono più che mai convinto che potrà essere la presidente di cui
ha bisogno oggi l’America.
Dico sul serio, quei discorsi sono
fantastici! Ne emerge una persona dotata di una visione generale, di un
approccio pragmatico nel fare le cose e di un salutare istinto a cercare
un equilibrio fra la necessità di rafforzare le nostre reti di
sicurezza sociale e al tempo stesso liberare le energie imprenditoriali
dell’America per creare la crescita necessaria a sostenere programmi
sociali.
E allora grazie, Vladimir Putin, per averci svelato come
conta davvero di governare questo Paese Hillary Clinton. Mi piacerebbe
soltanto che questa Hillary fosse più presente nella campagna
elettorale, per costruirsi un mandato appropriato a fare quello in cui
crede realmente.
WikiHillary? Sono con lei.
Perché?
Cominciamo da quello che ha detto, secondo Wiki-Leaks, all’evento
organizzato dal Banco Itaú in Brasile nel maggio del 2013: «Penso che
abbiamo un piano concertato per incrementare gli scambi commerciali […] e
dobbiamo contrastare il protezionismo e altri tipi di ostacoli che
intralciano l’accesso al mercato e agli scambi».
Ha detto anche:
«Il mio sogno è un mercato comune di tutto l’emisfero occidentale, con
commerci aperti e confini aperti, in un futuro di energia il più verde e
sostenibile possibile, che alimenti crescita e opportunità per tutti
gli abitanti dell’emisfero».
Questa è musica per le mie orecchie.
Un emisfero dove le nazioni commerciano fra loro e un numero maggiore di
persone ha la possibilità di collaborare e interagire per lavoro,
studio, turismo e commercio è una regione che probabilmente diventerà
più prospera e meno conflittuale, soprattutto se una quota maggiore di
questa crescita sarà basata sull’energia pulita.
Basta comparare
il nostro emisfero, o l’Unione Europea, o le nazioni commerciali
dell’Asia con — per esempio — il Medio Oriente — dove il flusso di
scambi commerciali, turismo, conoscenza e manodopera fra le nazioni per
molto tempo è stato limitato, per renderci conto dei pregi della visione
di Hillary.
Bernie Sanders e Donald Trump hanno trasformato in
parolacce termini come “commerci” e “globalizzazione”, ma è ridicolo: la
globalizzazione e gli scambi commerciali hanno contribuito a far uscire
dalla povertà più gente negli ultimi cinquant’anni che in tutta la
storia.
È necessario correggere delle cose per garantire che
quella minoranza della popolazione americana che è danneggiata da una
maggiore libertà di scambi e movimenti riceva una compensazione e sia
più tutelata? Altroché se è necessario. È quello che si chiama risolvere
un problema, non gettare a mare un sistema intero che a conti fatti
contribuisce, come una lunga esperienza storica dimostra, a portare
crescita economica, competitività e società più aperte.
In un
discorso del 18 aprile 2013 al gruppo Morgan Stanley, WikiHillary
elogiava il piano di riduzione del disavanzo Simpson-Bowles, che
prevedeva, fra le altre cose, di riformare il codice fiscale per
incrementare gli investimenti e l’imprenditorialità e di aumentare
determinate tasse e tagliare un po’ di spese e diritti acquisiti per
renderli più sostenibili.
Questo grande compromesso avrebbe potuto
prendere molte forme, diceva Hillary a porte chiuse, ma sottolineava:
«La Simpson-Bowles […] propone l’approccio giusto: dobbiamo limitare la
spesa, dobbiamo avere entrate adeguate e dobbiamo incentivare la
crescita. È una formula in tre parti».
Ha ragione: non usciremo
mai da questo binario economico, e non proteggeremo le generazioni
future, se i settori imprenditoriali e sociali, i Democratici e i
Repubblicani, non accetteranno tutti di concedere qualcosa in cambio di
qualcos’altro. Ed era esattamente da qui che veniva WikiHillary.
In
un discorso per la Goldman Sachs dell’ottobre 2013 la Clinton sembrava
alludere alla necessità di rivedere la regolamentazione imposta alle
banche dalla legge Dodd-Frank per la riforma finanziaria e la tutela del
consumatore, approvata nel 2010. La sua idea non era buttare a mare
tutte le regole, ma fare in modo che non imponessero fardelli inutili
alle banche, tali da limitare i prestiti a piccole imprese e start-up.
Come
dice la Clinton stessa: «Bisogna ragionare meglio sul processo e le
transazioni e regolamentazioni, per evitare di uccidere o azzoppare le
cose che funzionano e concentrarci invece sul modo più efficace di fare
progressi sfruttando le intelligenze e il potere finanziario che
esistono qui». Giustissimo, anche in questo caso.
Troviamo anche
WikiHillary, o i suoi collaboratori, che riflettono su una carbon tax e
discutono se sia il caso di pronunciarsi a favore, come ha fatto
Sanders. Alla fine Hillary decide di no, probabilmente per evitare di
essere additata dai Repubblicani, nella campagna per le elezioni
generali, come quella che vuole mettere una nuova tassa. Ma sono sicuro
che la sua politica climatica includerà l’assegnazione di un prezzo alle
emissioni.
Quando leggo WikiHillary sento parlare una politica di
centrosinistra intelligente e pragmatica, disposta a lavorare insieme
alla comunità imprenditoriale e ai Repubblicani per mantenere l’America
orientata verso un’espansione degli scambi commerciali, dell’attività
imprenditoriale e dell’integrazione globale, raddoppiando al contempo
gli sforzi per proteggere i lavoratori dai contraccolpi negativi di
queste politiche.
Mi dispiace soltanto che la Hillary candidata
abbia pensato che non fosse conveniente parlare come WikiHillary per
costruire un mandato appropriato per la Hillary presidente. Avrebbe
guadagnato rispetto se avesse avuto il coraggio di dire la verità ai
suoi elettori: e avrebbe dimostrato capacità di leadership, non perso
voti.
Ciononostante, grazie a Wiki-Leaks mi sento rassicurato,
perché vedo che ha il giusto equilibrio sulle questioni che mi stanno
più a cuore. Perciò di nuovo grazie, signor Putin, per averci rivelato
questa Hillary. Potrebbe essere un presidente niente male per questi
tempi.
(Traduzione di Fabio Galimberti) © 2016 New York Times News Service