venerdì 21 ottobre 2016

Repubblica 21.10.16
Gelo tra Renzi e Juncker “Il fiscal compact deve saltare”
di Alberto D’Argenio
BRUXELLES. È gelo tra Matteo Renzi e Jean-Claude Juncker. Al summit di Bruxelles non arriva l’atteso chiarimento sulla manovra. Il premier italiano e il presidente della Commissione europea si stringono la mano prima della riunione dei Ventotto e tra un convenevole e l’altro Juncker con la consueta ironia chiude la porta a qualsiasi accenno sui conti italiani: «Sai Matteo, sono molto preoccupato per la Vallonia». Riferimento alla regione belga che da sola sta bloccando il trattato commerciale tra Unione e Canada, ma anche un velato richiamo alla tensione degli europei sulla finanziaria italiana.
Un dossier in cima ai pensieri di Juncker sul quale al momento lavorano diplomazie e pontieri. Non è ancora il momento dei leader, anche se una soluzione molto politica tra gli sherpa sta emergendo. Juncker e il suo responsabile per gli Affari economici, Pierre Moscovici, sono pronti ad aspettare il referendum del 4 dicembre prima di punire in modo irreversibile l’Italia. «Fino a quando una bozza non diventa legge — spiegavano ieri dal cuore della Commissione — può sempre essere modificata ». E da che mondo e mondo la finanziaria non viene approvata dal Parlamento se non pochi giorni prima di Natale. Una soluzione avallata da Juncker, ma sulla quale Renzi non si è ancora pronunciato, anche se al Tesoro si portano avanti lavorando sugli emendamenti da presentare eventualmente in Parlamento per venire incontro alle richieste di Bruxelles. Il gelo di Juncker nasce da quello che vive come un venir meno alla propria parola da parte di Renzi, che ha portato il deficit 2017 al 2,3% del Pil e non al 2,2%. E poi è la qualità della legge di bilancio a non piacere, troppe una tantum e una richiesta di compensare le spese sostenute dai migranti troppo alta. Messo tutto insieme, la manovra non passerebbe al vaglio dei governi (Eurogruppo) e dunque mette Juncker nella complicata posizione di rompere con l’Italia o con le grandi capitali rigoriste. Dunque sarà ancora battaglia, la prossima settimana Bruxelles invierà a Roma una lettera di chiarimenti sulla manovra. Ieri dal Tesoro confermavano che la finanziaria non sarà modificata prima del suo arrivo in Parlamento previsto per lunedì prossimo e dunque dopo la missiva arriveranno i giudizi negativi e una prima bocciatura formale da parte di Bruxelles.
Ma la procedura d’infrazione, mossa irreversibile che assomiglierebbe ad un commissariamento in politica economica, quella non arriverà prima del referendum, lasciando aperta la porta ad un accordo in extremis se Roma effettivamente modificherà la manovra alle Camere seguendo le indicazioni di Bruxelles. Un quadro al centro dell’incontro che il premier, di rientro da Washington, ha avuto ieri mattina a Roma con il ministro Padoan. Quindi il premier è partito per Bruxelles dove prima del summit ha incontrato gli europarlamentari italiani. A loro ha raccontato la confidenza di Obama, per il quale l’Europa è l’eredita più gravosa che lascia al suo successore. Il premier ha quindi chiesto ai deputati di mobilitarsi — specialmente al Sud e all’estero — per il «sì» spiegando che se vincerà il referendum la sua priorità per il 2017 sarà la battaglia per rilanciare l’identità europea e cambiare la politica economica dell’Unione: «Dobbiamo far saltare il Fiscal compact», è l’obiettivo che Renzi annuncia agli europarlamentari e che vuole raggiungere anche lavorando ad una campagna che mobiliti economisti e intellettuali per sradicare la cultura dell’austerity. Ma Renzi critica anche l’atteggiamento degli europei sulla Russia e racconta che perfino la Casa Bianca è spiazzata di fronte alle posizioni troppo intransigenti su Mosca di alcuni leader, come Hollande. Al summit, invece, Renzi critica i partner per l’assenza di una visione strategica, sui migranti nota che «l’Italia sta facendo la propria parte, ma in termini di solidarietà da troppi paesi non ho visto altrettanto impegno». E nelle conclusioni del vertice riesce a far inserire un riferimento al «considerevole contributo, anche di natura finanziaria, apportato negli ultimi anni dagli Stati in prima linea » sul fronte migranti. Un tassello della strategia per negoziare proprio lo sconto sul deficit inserito nella manovra.
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La prossima settimana arriverà a Roma una richiesta di chiarimenti sulle misure