Corriere 21.10.16
Alla Ue la manovra non basta
Troppo deficit con la legge di Bilancio Juncker vuole che l’Italia la cambi
di Federico Fubini
I
numeri del deficit italiano, 2,3% sul Pil, non convincono la Ue. La
Commissione Ue chiederà di cambiare la legge di Bilancio. Renzi
anticipa: «Non è questo il problema. L’Europa preoccupa il mondo».
A
meno di improvvise inversioni di rotta, la Commissione europea chiederà
all’Italia di cambiare la legge di Stabilità. Jean-Claude Juncker resta
convinto che occorra cooperare con il governo di Roma e non pretenderà
stravolgimenti, secondo vari osservatori di Bruxelles. Ma è convinto che
servano meno misure di bilancio in deficit, e qualche precauzione in
più per evitare che il debito pubblico salga per il decimo anno
consecutivo anche nel 2017. Un chiaro segnale in questo senso da parte
della Commissione, nota un protagonista di Bruxelles, a questo punto
«sarà difficile da evitare».
Sono giornate intense nel palazzo del
Berlaymont e in quello adiacente di Rue de la Loi a Bruxelles, dove i
funzionari della direzione Economia e Finanza e le squadre dei
commissari Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici sono al lavoro su
decine di bozze di bilancio nazionali. Quello dell’Italia non è il solo
caso controverso, a maggior ragione dato che i codici interpretativi del
patto di Stabilità sono ormai diventati una giungla inestricabile e
frustrante. Spesso la discussione con i governi suona come un’astrusa
disputa fra legulei, non come un’analisi dei problemi e di come farvi
fronte.
La sostanza però non cambia: questa volta la Commissione
Ue non pensa di accettare ciò che viene proposto dall’Italia. Per
Bruxelles un debito che nel 2017 non scende — anzi potrebbe salire di
nuovo — e un deficit al 2,3% del reddito nazionale, in aumento una volta
esclusi certi fattori più transitori, sembrano davvero troppo
rischiosi. Al governo di Roma e ad altri verranno inviate richieste
scritte di chiarimenti all’inizio della settimana prossima; quindi il 9
novembre la Commissione Ue pubblicherà previsioni da cui, se nulla
cambia, emergerà una lettura dei conti pubblici italiani più preoccupata
di quella del governo: sul debito, sulla correzione di bilancio per
l’anno prossimo e sul deficit cosiddetto «strutturale» (cioè al netto
delle oscillazioni dell’economia e delle misure passeggere).
Non
sarà una discussione semplice. I negoziatori del Tesoro di Roma hanno
argomenti tecnici per disinnescare le obiezioni in arrivo da Bruxelles.
Il più rilevante riguarda il diritto che l’Italia avrebbe a non
affrontare nel 2017 alcun risanamento «strutturale», perché il reddito
nel Paese viaggerebbe ancora troppo sotto al potenziale dopo gli anni
della recessione. In aprile a Bruxelles si è formato persino un gruppo
di lavoro fra i Paesi dell’euro su come calcolare questi ritardi —
rispetto agli ultimi due o agli ultimi quattro anni — ma non c’è ancora
un accordo. Non è chiaro come vada applicato questo presunto diritto dei
governi a non compiere sforzi di bilancio, usando come attenuanti le
cicatrici lasciate dall’ultima recessione.
Anche così, nella
Commissione Ue c’è comprensione per l’auto-difesa italiana ed è
probabile che il commissario Moscovici conceda del margine in più al
governo di Roma. Ma neanche questo basta a colmare la distanza rispetto a
ciò che a maggio il governo si era impegnato a raggiungere per il 2017:
un disavanzo all’1,8% del reddito del Paese e soprattutto un calo del
deficit «strutturale» anche solo dello 0,1%. Neanche questo ennesimo
compromesso con uno Juncker sempre più indulgente è stato confermato
nella legge di Stabilità. Fra gli altri, due aspetti vengono letti in
modo diverso. Per il governo sarebbero da scomputare dal deficit — come
non fossero spese reali — circa tre miliardi destinati alla «messa in
sicurezza» di edifici e infrastrutture in tutto il Paese; la Commissione
invece nota che in quelle voci sono incluse anche l’eliminazione delle
barriere architettoniche o dell’amianto negli edifici scolastici: spese
ordinarie di uno Stato, da trattare come tali. L’Italia poi vorrebbe
scomputare l’intera spesa da 3,8 miliardi per i migranti, mentre
Bruxelles è disposta a farlo solo per i 500 milioni di costi in più
attesi nel 2017.
Passeranno settimane di confronto, ma poi la
Commissione dovrà esprimere un «parere» e una possibile procedura
europea a carico dell’Italia. La scadenza ultima per farlo è il 30
novembre, a quattro giorni dal referendum.