Repubblica 20.10.16
In tv vince la fiction ma i Medici dove sono finiti?
Successo del kolossal di RaiUno che sfiora il 30 % di share. In cantiere la seconda stagione
di Franco Cardini
ROMA
SUCCESSO annunziato, promessa mantenuta. Da settimane la foto di
famiglia con un Dustin Hoffman “padre-padrino” in posa come il
capofamiglia- capogang di casa Medici dalla mano forte e sicura
appoggiata su un giovane aitante Cosimo dalla barba perfettamente
anacronistica (nel Quattrocento non la portavano) ci guardava dritti
negli occhi non solo dai piccoli schermi ma perfino dalle gigantografie
sugli autobus. L’effetto Cani-di-Pavlov ha fatto centro: il banco degli
ascolti è saltato, quasi otto milioni di appartenenti a uno dei popoli
che leggono meno e che hanno uno tra i più bassi numeri di laureati in
tutta Europa si è disciplinatamente sorbito la saga dei Medici prodotta
da Rai Fiction-Lux Vide.
Ed ecco qua il menu. Paesaggi mozzafiato,
dalla Valdorcia all’Alto Lazio: Montepulciano, Pienza, Bagno Vignoni,
Viterbo, Caprarola. Eccellenti musiche risultato della collaborazione
tra Paolo Buonvino e la pop star Skin. Interessanti e quasi pertinenti
costumi interpretati da Alessandro Lai con una qualche attenzione
filologica e un’originale – ancorché discutibile reinvenzione della
tavola cromatica rinascimentale (quindi della sua luce) con
l’introduzione di modernissimi toni “sfumati”. Lo charme di Miriam Leone
in qualche scena misuratamente hard. Un inizio da Murder Story, con la
promessa di un “giallo” da scoprire. E il duello tra i nobili orgogliosi
egoisti e crudeli da una parte, una famiglia un po’ malavitosa ma che
“sta col popolo” e vuole la pace dall’altra. Come nei western. Intrighi,
uccisioni, cardinali corrotti e papi avventurieri sullo sfondo. Un
discreto cocktail, adatto a chi ad esempio ama la public history, questo
nuovo contenitore trendy che in sostanza indica la storia spiegata a
gente che non la sa da parte di altra gente che non la sa nemmeno lei,
un po’ l’imparicchia e un po’ l’inventa.
Vabbè: però la storia,
quella vera, dov’è? Semplicemente, non c’è. Qui troviamo un racconto
confuso – reso più inestricabile ancora dall’uso continuo del flashback -
un cenno a scismi papali e ad elezioni pontificie poco credibili (con
il concilio di Pisa del 1409, dal quale uscì papa col nome di Giovanni
XXIII il candidato dei Medici, Baldassarre Cossa, che però viene
spostato a Roma), fugaci e inesplicabili presenze come quella di
Francesco Sforza in una guerra di Lucca spesso evocata e mai spiegata,
una caricatura dell’oligarchia fiorentina “guerriera” contrapposta a
banchieri e mercanti (mentre invece mercanti erano tutti). C’è anche il
Brunelleschi con la sua brava cupola, arrangiata però a mezzuccio
demagogico per “creare posti di lavoro”, come avrebbe detto Berlusconi. E
dai “titoli di coda” apprendiamo che non c’è nemmeno l’ombra di un
consulente storico, nemmeno un libro serio di riferimento. I soggettisti
hanno fatto tutto da soli.
D’altronde, questa è evidentemente la
storia che piace a un pubblico il quale non vuole né leggere né
imparare, eppure sembra assatanato di voglia di fuggire dal proprio
tempo. Le aule universitarie sono deserte, ma il Belpaese rigurgita di
sagre e di festival nei quali si celebra il Medioevo Immaginario,
l’Altrove collettivamente recitato in maschera. È un Medioevo che
impazza in millantati giochi, tornei, gare di balestra, esibizioni di
giullari. Un medioevo che magari sfrutta autentici scenari artistici o
paesistici, o li restaura, o li ricrea, che lancia torme d’improbabili
pellegrini e di sedicenti cercatori del Graal su nuove Vie Francigene
assalite da telecamere e punteggiate di B&B. Un medioevo con un
fatturato spesso da capogiro. Le cattedrali c’erano, anche prima che se
ne occupassero Ken Follett e Dan Brown: ma chi se ne curava?
Allora:
storia ignorata, storia profanata, storia falsata: ma storia inseguita.
Che cos’è questa: storia in crisi, eclisse della storia o storia
metabolizzata? In fondo, potrebb’essere una sfida per i cultori seri
della ricostruzione del passato: e se provassimo ad accettarla, a
buttarci nell’agone e nell’intento di “filologizzare la fantasia”?
Impariamo a divertirci studiando, in modo da riuscir a studiar
divertendoci. Magari per scoprire che la storia vera è ancora più
avvincente di quella pasticciata. Bisognerebbe solo riuscire a
dimostrarlo.