giovedì 20 ottobre 2016

Repubblica 20.10.16
I killer di Ilaria restano senza nome sull’inchiesta l’ombra dei depistaggi
Delitto Alpi-Hrovatin, dopo 16 anni di carcere assolto Hassan: era l’unico condannato
Anche la famiglia era convinta della sua innocenza. Il pm: contro di lui nessuna prova
di Daniele Mastrogiacomo

ROMA. Il vuoto. Un grane buco nero. Senza risposte e pieno di interrogativi. Ventidue anni dopo, l’agguato a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, gli inviati del Tg3 della Rai assassinati il 20 marzo del 1994 nella parte nord di Mogadiscio, resta senza un movente e soprattutto senza colpevoli. Hashi Omar Hassan, accusato e condannato in via definitiva a 26 anni di carcere come uno dei due del commando di killer che fece fuoco sulla coppia di giornalisti, è stato assolto dalla Corte d’Appello di Perugia a cui si erano rivolti gli avvocati Antonio Moriconi e Duale Douglas per una revisione della sentenza. Ai giudici è bastata una breve Camera di consiglio per accogliere le richieste del pm e stabilire che le prove nei confronti di Hasci offrono «un quadro bianco senza immagini, senza niente». Ha ragione la madre di Ilaria, la signora Luciana Alpi, a definire, con amarezza e delusione, che si tratta di una conclusione «sconcertante, schifosa». Non tanto per la sentenza che restituisce dignità, oltre che la libertà, ad un cittadino somalo accusato ingiustamente di un assassinio che non ha mai commesso. Ma per la serie infinita di depistaggi, di montature, di omertà a cui non sono estranei magistratura e organi di polizia giudiziaria. È stato alzato un polverone che ha allontanato la verità su un duplice omicidio. Odioso. Ma anche pericoloso per gli intrecci che poteva svelare.
Ilaria e Miran seguivano le nostre truppe inquadrate nella missione a guida Usa “Restore Hope”. Bisognava aiutare la Somalia a uscire da tre anni di guerra, seguiti alla caduta del dittatore Siad Barre. Conoscevano bene il paese. C’erano stati più volte. Durante la loro ultima trasferta raccolsero alcune informazioni su una strana attività svolta dalla flotta dei pescherecci della società Shifco, creata con i soldi della nostra Cooperazione.
I due colleghi volano a Bosaso, nel nord della Somalia, intervistano il sultano Abdullah Mussa Bogor. Probabilmente gli chiedono dell’attività delle navi che sono ormeggiate in porto. Si sospetta che assieme al pesce pescato tra il mar Rosso e l’oceano Indiano trasportino partite di armi per raggirare l’embargo e forse carichi di rifiuti altamente contaminati dall’Italia verso le coste africane. Tornano a Mogadiscio, subiscono un agguato e sono uccisi. Parte del materiale girato e dei taccuini con gli appunti scritti da Ilaria spariscono prima e durante il trasferimento delle salme a Roma. Diverse perizie, effettuate a fatica e dopo le insistenze dei parenti, dimostrano che Ilaria è stata uccisa con un colpo alla nuca a bruciapelo. Quattro anni dopo, l’autista dei due inviati, Ali Mohamed Abdi Said, è invitato in Italia dall’allora ambasciatore in Somalia Giuseppe Cassini. L’uomo è fermato. Interrogato, nega di sapere chi siano gli assassini. Ma dopo una pausa di due ore, durante le quali gli inquirenti vanno a casa di Cassini, lo stesso Abdi cambia versione e spiega che un certo “Gelle” è in grado di riconoscerli. Poi sparisce. Con un lauto compenso. Verrà ucciso due giorni dopo il suo rientro a Mogadiscio.
Un altro gruppo di somali viene portato in Italia. Chiedono un risarcimento per le presunte violenze subite da parte dei nostri soldati. Tra questi ci sono Ali Rage Ahmed “Gelle” e Hasci Omar Hassan “Fauto”. Interrogato, il primo indica subito il secondo come membro del commando e ne diventa il supertestimone d’accusa. Anche lui incassa un compenso e sparisce in Inghilterra. Non sarà mai interrogato. Neanche nei diversi processi celebrati in Italia. Hasci viene condannato a 26 anni e ne sconterà 16. Il caso è chiuso. Ma una giornalista di “Chi l’ha visto”, Chiara Cazzaniga, rintraccia il teste che smentisce tutto. Ascoltato per rogatoria dalla Corte di Perugia conferma la nuova versione. Il giallo si riapre. I tasselli tornano al loro posto. Ma con una verità affogata tra bugie e depistaggi.