giovedì 20 ottobre 2016

La Stampa 20.10.16
Le inutili telecamere dentro gli asili
di Gianluca Nicoletti

Una telecamera sempre accesa in tutti gli asili d’Italia potrebbe sembrare la soluzione più ovvia. Invece è solo l’inutile tappabuchi di una miseria culturale profonda e inconfessabile.
È chiaro che è difficile far passare il concetto che occuparsi di bambini, anziani o disabili, non è la stessa cosa che portare dei cagnolini a fare pipì. Eppure sembra più semplice far passare come un serio problema la necessità di una seria formazione professionale per i dog sitter.
In realtà pochi amano affrontare la spinosa questione dell’inadeguatezza delle maestre d’asilo, degli insegnanti violenti, degli operatori sanitari degli assistenti a disabili e anziani, che alzano le mani, ingiuriano, maltrattano e umiliano. È chiaro che una riflessione del genere metta in crisi tutto un sistema, e quindi la telecamera che sorveglia, come in un carcere di massima sicurezza, può essere spacciata come provvedimento risolutore.
Il furor di popolo chiede telecamere? Telecamere saranno. L’indignazione si scatena solo postuma, e solo di fronte alle immagini delle intercettazioni ambientali, sempre troppe, troppo frequenti e troppo simili a un format televisivo in cui cambiano gli attori ma la trama è sempre la stessa.
È evidente che non possiamo più nasconderci dietro la giustificazione delle «mele marce», non sono più casi isolati e sporadici, in Italia c’è un serio problema sulla salvaguardia istituzionale delle persone deboli. Lasciare un bambino in un asilo, un figlio disabile in una struttura preposta, un parente anziano in una casa di riposo non da l’assoluta sicurezza che questo non debba corrispondere a consegnarli ai custodi di un inferno.
Non è un’esagerazione, è una realtà oggettiva. Sono stati troppi i così detti «fiori all’occhiello» che in realtà puzzavano di marcio. Sono troppi i «centri modello» gestiti da «galantuomini» o «sante persone», che si sono rivelati dei lager veri e propri.
Luoghi in cui il core business era il mero mantenimento in vita di persone inermi, cui si sarebbe invece dovuto assicurare una dignità di esistenza, magari anche una chance di inclusione nella società degli umani efficienti.
Perché non si riflette sul fatto che mestieri così delicati e difficili non possano seguire il percorso dell’appalto al minor prezzo possibile? Perché non si dice che gli insegnanti d’asilo dovrebbero avere una costante verifica del loro equilibrio psichico? Che gli operatori su anziani e disabili dovrebbero essere monitorati con costanza per i rischi del burnout?
Si preferisce imbullonare al muro delle telecamere perché basta un trapano a farlo. Troppo complicato un cambiamento che richiederebbe metodo, strutturazione, cultura scientifica e quel tanto di spessore umano che impone di fare la differenza tra un bruto generico e un professionista preparato.
Eppure sembra per tutti scontato che basterà una telecamera di sorveglianza per tornare all’idillio. Nessuno si pone il problema di chi poi dovrà essere pagato per guardare a tempo reale ore e ore di registrazione, comunque inutile di fronte all’ignoranza. Ogni indegno troverà sempre un angolo buio per continuare a operare con sadismo e cieca perfidia.