Repubblica 1.10.16
Trump e il segreto dei leader populisti
di Ian Buruma
HILLARY
Clinton ha detto che metà di quelli che votano Donald Trump sono
“deplorevoli”. Un’affermazione né tattica né elegante, per la quale in
seguito si è scusata — benché nel farla avesse più ragione che torto.
Trump ha attratto molti sostenitori le cui opinioni — ad esempio
riguardo alla razza — sono davvero deplorevoli. Il problema è che molti
di questi elettori deplorevoli sono anche relativamente ignoranti, e ciò
fa sembrare il commento di Clinton snob.
Purtroppo negli Usa le
persone relativamente ignoranti sono troppe. Tra i Paesi
industrializzati gli Stati Uniti si collocano agli ultimi posti nelle
classifiche che misurano il tasso di alfabetizzazione, la cultura
generale e le conoscenze scientifiche. Giapponesi, sudcoreani, olandesi,
canadesi e russi si piazzano meglio. Ciò è almeno in parte conseguenza
di un’istruzione troppo legata alle condizioni economiche: chi ha soldi
riceve un’istruzione ottima, mentre coloro che dispongono di mezzi
scarsi non vengono istruiti sufficientemente.
Al momento parrebbe
che Clinton stia facendo presa sulla classe urbana, più istruita, mentre
Trump attrae perlopiù uomini bianchi e meno scolarizzati, molti dei
quali in passato sarebbero stati dei minatori di carbone o degli operai
che davano il proprio voto ai democratici. Ciò significa che c’è un
nesso tra l’istruzione, o la sua mancanza, e la propensione a farsi
sedurre dal pericoloso fascino di un demagogo?
Uno degli aspetti
più sorprendenti di Trump è rappresentato dal suo livello di ignoranza, e
dal fatto che egli riesca a ostentarla facendola franca. Per un
candidato sguaiato e ignorante, fare presa su un gran numero di persone
la cui conoscenza del mondo è modesta quanto la propria è forse più
facile. Tale affermazione si basa tuttavia sul presupposto che nella
retorica di un agitatore populista la realtà dei fatti abbia un suo
peso. Molti dei sostenitori di Trump non sembrano interessati ad
argomentazioni ragionevoli, che ritengono una cosa da snob liberal. Quel
che conta per loro sono soprattutto le emozioni, e le emozioni su cui i
demagoghi amano fare presa sono in primo luogo la paura, il
risentimento e la sfiducia. Ciò era vero anche in Germania, quando
Hitler salì al potere. Inizialmente, però, la maggior parte dei
sostenitori del Partito nazista non apparteneva alle classi meno
istruite. In Germania il livello di istruzione era in media superiore a
quello di altri Paesi, e tra i nazisti più entusiastici si contavano
insegnanti, ingegneri e dottori, oltre che piccoli uomini d’affari di
provincia, impiegati e coltivatori. Nel complesso, gli operai delle
città e i cattolici conservatori erano meno suscettibili alle lusinghe
di Hitler di quanto non lo fossero molti protestanti ben più istruiti.
L’ascesa
di Hitler non può essere spiegata con un livello di istruzione basso.
Nella Germania di Weimar, all’indomani della sconfitta bellica e di una
depressione economica devastante, paura e risentimento erano quasi
endemici. Ma i pregiudizi razziali fomentati dalla propaganda nazista
non erano gli stessi che oggi si riscontrano tra molti dei sostenitori
di Trump. Gli ebrei erano visti come una forza sinistra che dominava le
professioni elitarie. Erano considerati alla stregua di traditori: erano
loro che impedivano alla Germania di tornare grande. Mentre i
sostenitori di Trump dimostrano un’ostilità analoga nei confronti dei
simboli delle élite (come i banchieri di Wall Street e gli insider di
Washington), la loro xenofobia è invece diretta contro i poveri
immigrati messicani o i rifugiati mediorientali — visti come dei
parassiti. Si tratta di persone relativamente svantaggiate che in un
mondo globale e multiculturale se la prendono con chi ha addirittura
meno di loro.
Negli Stati Uniti dei nostri giorni, così come nella
Germania di Weimar, coloro che provano risentimento e paura nutrono
talmente poca fiducia nelle istituzioni economiche e politiche da
affidarsi a un leader che promette un livello di rottura massimo.
Sperano che facendo piazza pulita si possa tornare ad essere grandi.
Nella Germania di Hitler tale speranza era condivisa da tutte le classi
sociali, nell’America di Trump è soprattutto appannaggio delle frange
più svantaggiate.
Negli Usa e in Europa il mondo appare meno
spaventoso alle classi più istruite e benestanti. Ovvero le classi che
traggono giovamento dall’apertura delle frontiere, dal basso costo della
manodopera fornita dagli immigrati, dal diffondersi dell’informatica e
dalla ricchezza delle influenze culturali. Gli immigrati e le minoranze
etniche che desiderano migliorare le proprie condizioni non hanno alcun
interesse ad unirsi a una ribellione populista che è diretta
principalmente contro di loro, ed è per questo che voteranno per
Clinton. Trump deve quindi puntare sugli americani bianchi e delusi. È
grave che nella società Usa tante persone sostengano un candidato così
inadeguato. E questo deve avere qualcosa a che fare con l’istruzione.
Non perché le persone istruite siano immuni alla demagogia, ma perché un
sistema scolastico allo sfascio lascia troppe persone in una condizione
di svantaggio. In passato l’industria garantiva a un sufficiente numero
di individui meno istruiti dei posti di lavoro che permettevano loro di
vivere decentemente. Adesso che nelle società post-industriali quei
posti di lavoro stanno scomparendo, in troppi credono di non avere nulla
da perdere. E se ciò è vero in molti Paesi, nel caso degli Stati Uniti è
più preoccupante, perché affidando quella nazione a un demagogo
ignorante non si causerebbero solo gravi danni in quel Paese, ma anche
in tutti quei luoghi dove le istituzioni che ci garantiscano le nostre
libertà continuano ad essere apprezzate.
(Traduzione di Marzia Porta)