Repubblica 19.10.16
Ue, pronta la lettera per richiamare l’Italia sulla legge di bilancio
Roma ha solo una settimana per modificare il testo
Nel mirino il deficit troppo alto e le entrate una tantum
di Alberto D’argenio Roberto Petrini
ROMA.
Il governo ha una settimana di tempo per cambiare la manovra,
altrimenti riceverà una lettera Ue preludio alla bocciatura formale: nei
primi giorni della prossima settimana una missione di Bruxelles
arriverà a Roma per passare al setaccio i nostri conti.
Ieri
Jean-Claude Juncker, tramite canali riservati, ha fatto sapere a Renzi
che non è nelle condizioni di far passare la legge di bilancio così come
è stata notificata alla Commissione. In vista del referendum, Juncker
si è esposto molto per aiutare il premier, ma il testo giunto dal Tesoro
non è ritenuto commestibile sia dal punto di vista legale (ogni anno le
Capitali devono tagliare il deficit mentre l’Italia ha già ricevuto
ampie deroghe e ora ne chiede altre) sia da quello politico.
Troppo
elevato il deficit, al di là dei patti stretti tra lo stesso Juncker e
Renzi (ok ad una formulazione che si fermasse massimo al 2,2 per cento
rispetto al target dell’1,8 mentre il governo ora chiede il 2,3). E
oltretutto la composizione della manovra non permette di giustificare i
numeri: troppe una tantum e poi una stima sui costi che l’Italia
sosterrà sui migranti esageratamente superiore a quella che si ottiene
applicando i criteri europei. Criteri che Roma ha deciso di ignorare
chiedendo un bonus per tutti i costi legati ai profughi previsti per il
2017 anziché per il solo incremento delle spese rispetto al 2016.
Già
giustificare il 2,2 per cento - spiegano da Bruxelles - è tecnicamente
difficilissimo considerando la composizione del testo: comunque non ci
sarebbe la sicurezza che passi al vaglio dell’Eurogruppo – il tavolo dei
ministri finanziari - anche se Juncker sembra disposto a correre il
rischio ma solo a patto che Roma segua le indicazioni di Bruxelles nella
riscrittura del testo. Del resto si sostiene che il 2,3 per cento non
passerà mai, e dunque la Commissione non può inviare all’Eurogruppo una
decisione che verrebbe ribaltata con l’Italia che finirebbe ugualmente
nel mirino e Juncker e Moscovici che ne uscirebbero politicamente a
pezzi.
L’arrivo delle tabelle del Draft Budgetary Plan, scatena
dubbi e polemiche anche in Italia. L’intervento lordo risulta intorno ai
26,3 miliardi: la somma viene coperta con 14,24 miliardi di nuove
entrate e tagli, mentre il resto, pari a 12 miliardi è prodotto del
deficit che passa all’1,8 al 2,3 per cento. Il peso delle una tantum è
di 7 miliardi, quasi il 50 per cento delle coperture, mentre la spending
review ammonta al 20 per cento.
Se poi si guarda alla «qualità»
delle entrate, circa la metà, il 53,5 per cento, deriva da «sanatorie» o
«lotta all’evasione». La voluntary disclosure, con annesso il contante,
vale circa 2 miliardi, mentre la rottamazione delle cartelle di
Equitalia, con incluso l’effi-cientamento dell’amministrazione fiscale,
porterebbe 3,16 miliardi. In tutto 5,15 miliardi di entrate provengono
da operazioni di «pentimento» o adesione ad uno sconto da parte
dell’amministrazione.
A questa somma si possono aggiungere i 2,47
miliardi cifrati come lotta all’evasione, più strutturali, all’interno
dei quali spiccano la fatturazione elettronica e la trasmissione
telematica dei dati: provvedimenti simili hanno dimostrato di funzionare
ma dovranno essere misurati una volta giunti al traguardo. Tra
sanatorie ed evasione si raggiungono dunque circa 9 miliardi e mezzo,
più della metà delle intere nuove entrate e minori spese.
Se si
compie l’esercizio di valutare il peso delle una tantum, partita assai
sensibile agli occhi di Bruxelles, emerge che ammonta a circa 7 miliardi
(le due sanatorie più la vendita delle frequenze Gsm per 2 miliardi):
si tratta di circa la metà delle coperture (il 49 per cento). Un punto
che viene considerato debole, o almeno esposto ai rilievi di Bruxelles.
Minoritaria
resta la parte dei tagli: la spending review sale, rispetto alla
vigilia, a circa 3 miliardi ma rappresenta solo il 20 per cento
dell’intero spettro delle coperture.
Altri fronti di polemica si
aprono su riparto e destinazione delle risorse. Il primo riguarda gli
stanziamenti, pari ad un miliardo per il pubblico impiego: mancano
all’appello rispetto alle slide circa 900 milioni. La coperta è corta
perché, oltre al contratto avrebbero dovuto essere finanziate le 10 mila
assunzioni e rinnovato il bonus per le forze dell’ordine. La leader
della Cgil Camusso parla di «propaganda» e lamenta «risorse scarse».
Mentre sul pacchetto pensioni interviene il presidente dell’Inps, Tito
Boeri secondo il quale le misure produrranno l’effetto di far crescere
il debito previdenziale per 20 miliardi.