Repubblica 17.10.16
“L’Italia cercherà l’intesa con la Ue”
Accettare
la richiesta di Bruxelles di mantenere il rapporto deficit/Pil al 2,2%
significherebbe ridurre la manovra di 1,6 miliardi
Il governo non vuole piegarsi anche se rischia di dover affrontare un procedimento di infrazione
di Alberto D’Argenio
BRUXELLES
ha già chiesto a Roma di modificare la manovra, tagliare il deficit di
1,6 miliardi. Il governo promette battaglia, ma alla fine potrebbe
cedere.
«A Bratislava Juncker e Schulz hanno detto chiaramente a
Renzi: il massimo di deficit che ti possiamo concedere è il 2,2%, di più
è impossibile ». I vertici della Commissione ripartono da questo
aneddoto vecchio di un mese per far capire perché questa volta fanno sul
serio. Bruxelles non intende approvare la legge di Bilancio se il
governo non la modificherà entro 15 giorni limando di un decimale il
deficit del 2,3% approvato sabato dal Consiglio dei ministri.
Anche
se pubblicamente ieri dalla Commissione sia arrivato un «no comment»
sulla manovra che verrà notificata oggi alla Ue, i dubbi europei sui
suoi contenuti sono stati già comunicati ai tecnici del governo,
nonostante fosse domenica. E il negoziato, che dovrà esaurirsi entro
pochi giorni, inizierà ai massimi livelli politici già oggi, con i
cellulari di Padoan e Renzi che inizieranno a squillare.
Dunque
Bruxelles insiste. Il patto informale stretto nelle scorse settimane con
il governo era di consentire una flessibilità fino al 2,2% nel rapporto
tra deficit e Pil, anziché fino all’1,8 concordato lo scorso maggio.
Circa 6,5 miliardi sottratti al risanamento dei conti contro i 10
inizialmente immaginati da Renzi e gli 8 effettivamente inseriti in
Legge di Bilancio sabato scorso. Oltre non si va. E ci si arriva solo se
Roma produrrà le prove sulle spese sostenute per migranti e sisma,
documenti che in Europa nessuno ha ancora visto e sui quali la Ue nutre
qualche dubbio visto che stima queste spese in non più di un miliardo e
mezzo, non certo i 4,8 iscritti a bilancio nella manovra. Se il governo
cambierà i numeri, tenendo il deficit al 2,2%, dunque, Bruxelles è
disposta a tornare al piano A, quello sul quale aveva chiuso l’accordo
con Padoan e Renzi: spostare a dicembre il giudizio sulla manovra per
non interferire sul referendum, via libera al testo nonostante i dubbi
sulle spese affrontate per le circostanze eccezionali e nuovo esame a
maggio (per assicurarsi che Roma non faccia correre il deficit in corso
d’anno e per mantenere il controllo sull’Italia nel caso di sostituzione
del governo se il 4 dicembre vincesse il No). Se invece il governo non
modificherà la cifra sul deficit entro il 30 ottobre, la manovra verrà
bocciata dalla Ue che oltretutto toglierà all’Italia i 19 miliardi di
flessibilità accordati nel 2015-2016 ma il cui via libera definitivo era
condizionato proprio alla compatibilità della nuova legge di Bilancio
ai target Ue. A quel punto i conti italiani sarebbero fuori da tutti i
parametri e la Commissione aprirebbe subito una procedura d’infrazione
capace di indebolire politicamente l’Italia in Europa e di esporla sui
mercati.
Il governo è consapevole del rischio, ma pensa di poter
spuntare il 2,3% giocando sulle divisioni tra falchi e colombe in seno
alla Commissione. E oltretutto il refrain che diversi ministri ripetono
riservatamente è: «Non ci bocceranno per un decimale». Obiezione alla
quale a Bruxelles rispondono che già il 2,2% è al di là di ogni regola e
che andare oltre sarebbe politicamente e legalmente impossibile. Ma
Renzi lavora per ottenere una dichiarazione del Consiglio europeo di
giovedì e venerdì prossimo che lo sostenga.
Una battaglia sulla
quale però Roma non intende puntare tutto. «L’obiettivo di Padoan e
Renzi resta quello di evitare la procedura sui conti», spiegavano ieri
dal Tesoro. Dunque se Bruxelles dovesse tenere duro, come assicurano in
queste ore dal Berlaymont, alla fine il governo cambierà l’obiettivo del
deficit e coprirà il buco da 1,6 miliardi con fondi accantonati alla
presidenza del Consiglio. «Come avvenuto per la 2015», spiegano da Via
XX Settembre. Operazione da inserire nel disegno di legge sulla manovra
che sbarcherà in Parlamento tra il 20 e il 22 ottobre.