lunedì 17 ottobre 2016

La Stampa 17.10.16
Sulla manovra il gelo dell’Europa
“Non sono i numeri che aspettavamo”
Riparte il duello sul deficit con l’Europa
Stamane la manovra arriva a Bruxelles. Sul giudizio pesa l’incognita referendum
Renzi attacca: basta con gli egoismi, l’Ue ci dia una mano su migranti e terremoto
di Marco Bresolin

«Non sono questi i numeri che ci aspettavamo». A Bruxelles sono rimasti sorpresi quando hanno sentito le cifre sventagliate sabato da Matteo Renzi. Una in particolare, quel 2,3% nel rapporto deficit/Pil che negli uffici del Palazzo Berlaymont nessuno dà per scontato, anzi. «Secondo le regole – fa notare una fonte comunitaria – è chiaro che non ci siamo». Ma il premier tira dritto per la sua strada con il solito atteggiamento di sfida: «L’Ue vuole forse discutere delle nostre spese sull’immigrazione? Inizino a darci una mano, visto che stanno prevalendo gli egoismi. Appena lo faranno le spese si abbasseranno».
Per Bruxelles comunque il giudizio resta sospeso. Prima di tutto perché «dobbiamo ancora vedere cosa c’è esattamente dietro quelle cifre», si fa notare. Oggi arriverà a Bruxelles il «Draft Budgetary Plan» e sui numeri ci sarà un po’ più di chiarezza. Il premier, prima di partire per Washington, terrà un mini roadshow toscano in tre tappe per parlare della manovra, a Firenze, Pistoia e Pisa. Vuole convincere tutti, anche Bruxelles, che la manovra funziona. Ma il verdetto Ue rischia di restare in sospeso anche dopo la metà di novembre: «Non vogliamo che la nostra decisione condizioni la campagna elettorale» ripetono dall’esecutivo comunitario.
Il piano d’azione
Nell’immediato si cercherà di convincere il governo a fare qualche aggiustamento. Ma su questo c’è poco ottimismo. Ci sarebbe dunque un’ulteriore strada: tecnicamente, la Commissione può rimandare indietro la manovra tout-court nel giro di due settimane. Manca però la volontà politica: Bruxelles fa il tifo per Renzi in vista del referendum e nessuno vuole accendere uno scontro.
Si arriverebbe dunque al 16 novembre, il giorno delle pagelle della Commissione. Se il giudizio sarà positivo, il verdetto verrà emesso subito. Idem se i conti saranno «evidentemente inaccettabili». Il caso Italia probabilmente non rientrerà in nessuna delle due categorie, per questo ci sono i margini per uno slittamento. Tutto dipenderà poi dall’esito del referendum. In caso di vittoria del “Sì”, il sostegno che Bruxelles avrà assicurato a Renzi fino a quella data potrebbe ridimensionarsi. Non va dimenticato che il 5 dicembre, all’indomani del voto, si riunirà l’Eurogruppo. E i falchi del rigore non aspettano altro per poter dire al governo italiano tutto quello che in questi mesi hanno dovuto tenere sotto censura. A Bruxelles – e soprattutto a Berlino – si sentono usati come un punchball da Renzi. La pazienza però ha un limite: quello temporale scade il 4 dicembre.
I nodi tecnici
Fin qui la strategia. Ci sono però alcuni aspetti tecnici da chiarire e questo potrebbe aiutare ad “oliare” il percorso della manovra tra gli stretti canali delle regole europee. «È importante che i numeri trovino una giustificazione nella manovra» fa notare una fonte, che indica come “esempio virtuoso” il piano Industria 4.0. Nel 2015, ricorda, l’attivazione della clausola investimenti scattò su un piano più “vago” di questo, che viene considerato “ordinato e preciso: vedremo se anche il resto della manovra lo sarà”.
Spese straordinarie
Per ora, infatti, sui numeri non c’è molta chiarezza. Per quanto riguarda le spese eccezionali, il governo dice che spenderà lo 0,2% del Pil (pari a 3,2 miliardi) per la gestione dell’immigrazione. Cifre in linea con quelle del 2015, che però non furono scontate interamente. Più ambiguo il calcolo delle spese per il terremoto. Sono 4,5 miliardi in tre anni (quest’anno circa lo 0,1% del Pil), ma Bruxelles intende attenersi alle regole e dunque scontarne solo una piccola parte. Certamente quelle per ricostruire i paesi colpiti dal recente sisma nel Centro. Non quelle per il piano di prevenzione Casa Italia.