lunedì 17 ottobre 2016

Corriere 17.10.16
La leader CGIL Susanna Camusso
«Solo soldi senza un piano»
intervista di Mario Sensini

ROMA Una legge «in linea con il passato, mentre serviva un deciso cambio di passo», che continua a distribuire «soldi a pioggia alle imprese», ma che «manca di un progetto Paese», e che non risolve i problemi dell’occupazione giovanile. Che stimola «il comportamento dei singoli», avara negli investimenti pubblici. «Stiamo solo parlando delle slide di Matteo Renzi, il testo della legge di bilancio ancora non c’è e in queste cose anche una virgola può cambiare tutto» premette il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ma il suo non è esattamente un giudizio sospeso. «Se ci sono poche risorse bisogna usarle al meglio, e non disperderle. Questa legge, invece, è la somma di tanti piccoli interventi. E manca proprio un piano strategico. Facciamo, facciamo, dice Renzi, ma siamo sempre lì».
Almeno sulla previdenza qualche segnale positivo c’è?
«A differenza del passato non si sono tolte risorse e si danno alcune risposte ai lavoratori precoci, a chi fa mestieri usuranti, e ai pensionati. Ma non ci piace la scelta di trasformare l’Ape social, che doveva servire per affrontare le difficoltà del lavoro discontinuo, in uno strumento selettivo».
Problema di risorse o scelta politica?
«Entrambe le cose. Forse al ministero dell’Economia c’è ancora l’idea di un sistema previdenziale tarato sulla parte del mercato del lavoro più strutturato. Ma questo sistema si misura ben poco con la realtà del Sud, e in particolare delle donne, costrette alla discontinuità anche dai pregiudizi».
Bastano i fondi per il rinnovo dei contratti pubblici?
«Qui non ci siamo proprio. Se dentro agli 1,9 miliardi delle slide ci sono i 300 milioni dell’anno scorso, i 900 di cui parla il ministro Alfano per gli 80 euro alle forze dell’ordine, la ricostruzione delle carriere e le assunzioni annunciate, di quanto stiamo parlando? Non certo quello che serve per riaprire concretamente i rinnovi bloccati da otto anni. Ben vengano le nuove assunzioni, ma ci sono molte domande da farsi. La stabilizzazione dei precari resta un problema: 7 mila tra medici e infermieri, sono molto pochi rispetto alle necessità. E la scuola e l’Università? Le regole sul turn-over restano? In ogni caso non c’è quel cambio di passo che serviva. Si sono create moltissime aspettative che rischiano di essere deluse. E ciò non aiuta a migliorare il clima di fiducia».
Ci sono molti interventi a favore delle imprese.
«È il terzo anno che Renzi dice alle imprese: adesso tocca a voi. Si continua a pensare che dandogli risorse a pioggia si stimoli lo sviluppo. Ma non hanno alcun vincolo».
Chiedete sgravi finalizzati?
«Senza vincoli anche una misura giusta come il superammortamento rischia di essere inutile. Gli imprenditori l’hanno usato per rifarsi la macchina, non per investire. Gli investimenti privati negli ultimi due anni sono scesi. Non vorrei che adesso si rifacessero il tablet. Anche la riduzione dell’Ires non necessariamente produce investimenti. Abbiamo la disoccupazione giovanile al 38%, non risolviamo il problema, e quello del Sud, dando soldi a pioggia».
La decontribuzione per i nuovi assunti sarà concentrata proprio al Sud.
«Anche qui non ci sono vincoli. Abbiamo speso 18 miliardi per occupare poco più di 500 mila persone, e di questi pochissimi giovani».
Ci sarebbero anche 12 miliardi di investimenti pubblici in un triennio.
«È un inizio. Ne servirebbero di più. Si tratta più che di investimenti diretti, di bonus. La verità è che manca un progetto per il Paese. Si provano a stimolare i comportamenti dei singoli, ma non c’è un’idea. Su Casa Italia, ad esempio, non si può affrontare il dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza sismica senza un piano di investimenti pubblici.Questa logica rende poco credibile l’effetto leva degli incentivi».
Che dite della rottamazione delle cartelle Equitalia?
«È un messaggio controproducente. Le procedure di riscossione sono troppo onerose? Bastava intervenire lì. Perché far sparire Equitalia? Abbiamo 3,7 milioni di lavoratori in nero, quasi 200 miliardi di sommerso, servirebbe rigore, e invece il governo che dice? Dateci un po’ di soldi e saremo meno cattivi con voi».
Che giudizio dà sul finanziamento della sanità?
«Formalmente si rispetta l’accordo della Conferenza Stato-Regioni. Ma bisognerà vedere dove effettivamente saranno impiegate le risorse. Se nei 113 miliardi ci sono anche i soldi per i contratti e le nuove assunzioni, è evidente che non bastano. Abbiamo 11 milioni di italiani che non si curano più perché non hanno i soldi, il Paese invecchia. I fondi andrebbero adeguati ai bisogni».
È una legge elettorale?
«È soprattutto una legge continuista con la fase precedente, solo un po’ meno austera, e con l’idea che lo sviluppo non dipenda dal governo. E anche una legge elettorale».