Repubblica 17.10.16
Il valore dell’equità
Non è solo
questione di legalità, ma anche di equità. Un valore che dovrebbe stare
molto a cuore alla sinistra. Persino a quella “moderna” e
post-ideologica che Renzi vuole incarnare.
di Massimo Giannini
SOSTIENE
Matteo Renzi: «Accusare questo governo di favorire l’evasione fiscale è
come dire a quelli del Real Madrid che non sanno cos’è la Champions
League». Ha ragione il premier. Rispetto al Ventennio berlusconiano
(quello della depenalizzazione del falso in bilancio, dei condoni e
degli scudi fiscali) persino il biennio renziano sembra il Terrore di
Robespierre. Ma deve esserci un residuo di cattiva coscienza, se il
presidente del Consiglio sente il bisogno di ricorrere a questa ardita
metafora calcistica nel giorno in cui vara questa manovra economica, i
cui punti qualificanti, dal lato delle entrate, sono la rottamazione di
Equitalia (che sulla carta vale 4 miliardi) e la riedizione della
“volontary disclosure” sui capitali all’estero (che vale 2 miliardi).
DAL
PUNTO di vista tecnico non si possono definire un “colpo di spugna”. Ma
dal punto di vista etico non si possono considerare un incentivo alla
fedeltà fiscale. E allora, molto banalmente, sarebbe opportuno porre un
paio di domande al presidente del Consiglio.
La prima domanda è:
la stiamo giocando davvero, la Coppa dei campioni dell’evasione? La
risposta, purtroppo, non è confortante. Secondo l’Istat nel 2014 il
valore aggiunto delle attività sfuggite al fisco e agli enti di
previdenza ha raggiunto i 211 miliardi (il 13% del Pil). Secondo la
Commissione Giovannini tra il 2010 e il 2014 il “tax gap” (cioè la
differenza tra quello che l’Erario avrebbe incamerato se tutti i
contribuenti avessero versato il dovuto, e quello che ha effettivamente
messo in cassa) ha superato gli 88 miliardi. Di questi, solo 39,5
riguardano l’Iva.
Se questi sono i dati, siamo in serie B. È
evidente che in questi devastanti otto anni di crisi globale si è venuta
a creare anche una forma di “evasione di sopravvivenza” di categorie
più deboli, che non può essere giudicata e trattata allo stesso modo. Ma
è altrettanto evidente che l’evasione cresce comunque, e le strategie
di contrasto si rivelano insufficienti.
Renzi rivendica un
“bottino” di 15 miliardi recuperati. Ma i dati del Nens dimostrano che
«il recupero di gettito derivante dall’attività di accertamento
“sostanziale” rappresenta solo poco più della metà del totale, mentre
l’altro 50% deriva dalla semplice correzione di irregolarità formali
(errori di calcolo, versamenti non tempestivi...)». E la Corte dei conti
aggiunge che nell’ultimo anno sono calati i controlli ed è sceso il
“ricavato medio” degli accertamenti, pari ad appena 1.550 euro.
Dunque,
non stiamo smascherando i veri ladri. Quelli che, come ha denunciato il
capo della Procura di Milano Francesco Greco, «hanno nascosto nei
paradisi fiscali un tesoro da 200-300 miliardi, di cui almeno 150
liquidi». Non stiamo facendo una lotta senza quartiere contro i
disonesti che, non pagando niente, costringono gli onesti a pagare
troppo. Anzi, ai grandi evasori concediamo di riportare i soldi a casa,
saldando imposte e sanzioni (e ci mancherebbe), ma senza pagare dazio
penale (altrimenti si guarderebbero bene dal rimpatriare i capitali). E a
tutti gli altri evasori (medi e piccoli) concediamo altre “innocenti
evasioni”, legate a un uso libero del contante fino a 3 mila euro, che
fatalmente facilita transazioni in nero e riciclaggi di denaro sporco.
Ora,
a questa legislazione in fondo non già così severa, si aggiungerà la
chiusura di Equitalia e la sanatoria delle relative cartelle. «Basta con
le vessazioni», dice Renzi. E qui arriviamo alla seconda domanda, che
ha un risvolto quantitativo (sono credibili le cifre sul recupero di
evasione del prossimo anno, che dovrebbero coprire una manovra da ben 27
miliardi?) e qualitativo (insieme all’acqua sporca, l’esattore cattivo,
non rischiamo di buttar via il bambino, la fedeltà fiscale?). Anche in
questo caso, le risposte non sono rassicuranti. Nella Nota di
aggiornamento al Def il ministro Padoan prevede già da quest’anno una
flessione, in valore assoluto, del ricavato dalla lotta ai furbetti
delle tasse. «La stima degli incassi le rimanenti attesi per il 2016»,
si legge nel testo, «ammonta a 12,4 miliardi». Molto meno dei 15
miliardi assicurati dal premier.
Con tutta evidenza, i numeri di
questa manovra ballano. Per avere un quadro più chiaro occorrerà
aspettare i testi. Certo, a quarantotto giorni dal referendum il decreto
sulla rottamazione di Equitalia è una mossa di facile suggestione
elettorale, ma di difficile giustificazione sociale. Molti italiani
saranno contenti, perché tra imposte, tributi e multe, non c’è un
normale cittadino che in questi anni non sia incappato nelle maglie di
Equitalia, dei suoi metodi in molti casi “sbrigativi” e dei suoi aggi in
qualche caso proibitivi. Ma gli italiani devono anche sapere che le
tasse devono pagarle tutti, perché altrimenti continueremo a pagarne
troppe. E qualcuno dovrà pur continuare a riscuoterle, qualunque sia la
sua ragione sociale.
Chiudiamo pure Equitalia, dunque. Ma non
prima di aver abbattuto un Moloch intollerabile. Tra il 2000 e il 2015 i
debiti fiscali cumulati dai contribuenti (tra tributi mai versati,
ritardati pagamenti, errori formali e così via) hanno raggiunto la cifra
monstre di 1.058 miliardi. Di questa spaventosa montagna di denaro
Equitalia considera realisticamente “riscuotibili” appena 51 miliardi.
Non solo perché molti contribuenti debitori nel frattempo sono spariti,
falliti o periti. Ma anche per le leggi di favore, le esenzioni, le
sanatorie, gli sgravi e i contenziosi infiniti di tutti questi anni.
Sarebbe doveroso sciogliere questo colossale grumo di malcostume e di
malaffare. Non è solo questione di legalità, ma anche di equità. Un
valore che dovrebbe stare molto a cuore alla sinistra. Persino a quella
“moderna” e post-ideologica che Renzi vuole incarnare.
Se non
facciamo questo, non sapremo mai cos’è la Champions. Nel frattempo, un
po’ di sano e umile realismo non guasterebbe. A giudicare dalla reazione
stizzita degli arbitri di Bruxelles, di fronte a una manovra con un
deficit forzato unilateralmente fino al 2,3%, proviamo almeno a non
farci cacciare dall’Europa League.