Repubblica 16.10.16
Il disarmo necessario
Gli Stati maggiori dei principali Paesi includono la cibernetica nelle loro pianificazioni strategiche
di Roberto Toscano
LA
NOTIZIA è clamorosa: sulla base di una direttiva del presidente Obama
la Cia avrebbe iniziato a programmare un attacco cibernetico alla Russia
come rappresaglia per le intrusioni nelle comunicazioni interne del
Partito democratico, diffuse successivamente da Wikileaks.
È ormai
da tempo che si parla dell’impiego della cibernetica come strumento di
un confronto militare, e non è un mistero che gli stati maggiori dei
principali Paesi includano la cibernetica nelle loro pianificazioni
strategiche. Ufficialmente (non per niente quelli che un tempo si
chiamavano “ministeri della guerra” sono stati ribattezzati “ministeri
della difesa”) per preparare adeguate difese contro un attacco nemico
che potrebbe paralizzare le comunicazioni non solo militari ma anche i
servizi pubblici e in particolare l’erogazione di energia, con effetti
paralizzanti sull’intero Paese. Ma è ovvio che assieme alla difesa si
prepara anche l’attacco.
Oltre agli scenari della “guerra
cibernetica” abbiamo anche l’uso della cibernetica nel campo
dell’intelligence, dove strumenti iper-sofisticati permettono di
penetrare i sistemi dell’avversario per ricavarne informazioni non solo
militari, ma anche economiche e politiche. Uno dei dipartimenti della
Cia si chiama “Center for Cyber Intelligence”, e si fa molta fatica a
credere che i livelli operativi raggiunti in questo campo dagli
americani siano secondi a quelli di qualsiasi altro Paese, a partire
dalla Russia.
La polemica di questi ultimi giorni, tuttavia, non
si riferisce né alla guerra cibernetica né alle operazioni
d’intelligence. Che militari e spie operino al massimo livello
tecnologico non è certo né un mistero né viene comunemente ritenuto
scandaloso. Oggi si parla di qualcosa di molto diverso, della
interferenza da parte della Russia nello stesso processo politico
americano in un momento particolarmente delicato, quello delle elezioni
presidenziali. Gli americani, e personalmente Obama, sono convinti che
chi ha intercettato lo scambio di mail fra Hillary Clinton e i
responsabili del Partito democratico non siano soggetti privati, ma lo
Stato russo. I russi (ovviamente) negano, ma il tema è diventato
politicamente surriscaldato soprattutto in relazione alla bizzarra
affinità fra Putin e Trump. Trump non ama certo la Russia, ma sembra
essere autenticamente attratto dallo stile autoritario e macho di
Vladimir Putin in contrasto con quella che lui palesemente considera la
“mancanza di attributi” che caratterizza Obama e in genere i
Democratici, che adesso addirittura pretenderebbero di fare eleggere una
donna (una donna!) alla presidenza degli Stati Uniti.
E Putin?
Come è noto, il presidente russo appoggia, e in parte finanzia,
populisti di destra come Marine Le Pen, sia nell’intento di evitare un
totale isolamento internazionale sia perché, essendo lui stesso sul
piano ideologico un populista reazionario, questo non gli risulta
difficile. Se, come sembra, sull’hacking contro Hillary Clinton ci sono
davvero le sue impronte digitali, questo si può spiegare in modo
analogo, ma anche sulla base di qualcosa che si relaziona in modo
specifico ai rapporti fra Russia e America. Non avendo mai accettato di
non essere più considerato un avversario/ interlocutore paritario con
gli Stati Uniti, Putin cerca in ogni modo (dalla politica
medio-orientale al flirt con personaggi della destra europea e
americana) di dimostrare che la Russia può fare tutto quello che fa
l’America: non solo intervenire militarmente ovunque ma anche cercare di
influire sulle situazioni interne degli altri Paesi.
L’hacking di
Stato minacciato da Obama contro la Russia non riveste una dimensione
bellica, e nemmeno si tratta di ordinaria intelligence. L’hacking della
Cia sarebbe infatti diretto, si apprende ufficiosamente, a raccogliere —
in chiave di ritorsione — elementi capaci di mettere in imbarazzo il
governo russo, e personalmente Putin. Si situa quindi sul terreno della
politica. Politica sporca, politica provocatoria, politica pericolosa:
sarebbe opportuno che, visto che nessuno può considerarsi al riparo da
questo tipo di intrusioni, si pensasse seriamente a passare dalla
rappresaglia a misure di “disarmo bilaterale” anche su questo terreno.
L’hacking non può essere “disinventato”, ma si dovrebbero accettare, in
chiave di reciprocità, alcuni limiti.