sabato 15 ottobre 2016

Repubblica 15.10.16
Processo penale sul binario morto rinvio a dopo il voto
Ma l’Ocse striglia il governo: basta perdere tempo la riforma della prescrizione è necessaria
di Liana Milella

ROMA. S’inabissa la riforma del processo penale. Quella che contiene la famosa riforma della prescrizione. Al Senato scompare dal calendario. Rinviata a un imprecisato futuro per via dell’incontro Renzi-Orlando-Davigo del 24 ottobre. L’eco di una sorte incerta della legge arriva perfino a Parigi e all’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, che in una lettera al presidente del Senato Piero Grasso e al Guardasigilli Andrea Orlando sollecita, all’opposto, un’approvazione rapida per evitare la pesante moria di processi – un milione e mezzo negli ultimi dieci anni – e l’inevitabile danno alle inchieste sulla corruzione, che da sempre preoccupa l’Ocse.
Si arena definitivamente la riforma del processo penale, ddl monstre in ballo ormai dal 30 agosto 2014, quando fu approvato dal consiglio dei ministri. Un pacchetto molto ampio, e anche molto controverso: prescrizione sospesa dopo il primo grado con un bonus di 36 mesi tra appello e Cassazione, stretta sull’uso delle intercettazioni nei documenti delle toghe, pene più dure per furti e scippi, obbligo draconiano per i pm nella chiusura delle indagini pena l’avocazione, modifiche all’ordinamento penitenziario con più possibilità, anche per i mafiosi, di ottenere benefici. La stessa sorte – un rinvio a un futuro parlamentare altrettanto incerto – potrebbero subire, questa settimana, anche le nuove norme sul caporalato, appena licenziate a Montecitorio dalle commissioni Giustizia e Lavoro.
La ragione dello stop è semplice: il premier Renzi teme improvvise frenate e brutte figure in Parlamento che avrebbero come conseguenza un grave danno d’immagine per il governo in vista del referendum del 4 dicembre. Per questa ragione il premier è stato freddissimo con la richiesta di autorizzare, in consiglio dei ministri, la fiducia al Senato per il ddl penale, concedendola alla fine, ma solo quando l’incastro parlamentare consentiva di fatto di rinviare sine die il provvedimento. Non solo: Renzi ha fissato solo al 24 ottobre l’incontro con i magistrati dell’Anm, che criticano fortemente ampie parti della riforma, nonostante l’appuntamento fosse stato richiesto da due settimane.
Sul destino del ddl penale l’imbarazzo è palpabile sia in via Arenula che al Senato. Il ministro Orlando ha mediato con il collega Angelino Alfano e il suo partito per raggiungere un compromesso che lascia del tutto insoddisfatti i magistrati. Il presidente dell’Anm Pier Camillo Davigo spende ampie critiche su misure «inutili e dannose», come la prescrizione solo sospesa e non bloccata in primo grado, e soprattutto sulla norma che costringe i pm a accelerare le richieste per gli indagati dopo la scadenza delle indagini preliminari. In realtà il compromesso di Orlando non rende sicuro il testo da imboscate in aula sui quasi 200 voti segreti. Lo stesso relatore – il dem Felice Casson – spinge per il suo emendamento che blocca la prescrizione e che, se passasse, metterebbe in crisi il governo.
Al contrario della legge che aumentava la pene per la corruzione, Orlando non può nemmeno contare su una spinta del presidente del Senato Piero Grasso che criticando i tempi troppo lunghi di quel provvedimento – ironizzò più volte copn un «Aspettando Godot» – aveva di fatto accelerato il voto. Ma Grasso stavolta è perplesso sulla via scelta per la prescrizione (ben diversa da quella che lui aveva presentato nel primo e unico ddl della sua vita da senatore, con lo stop in primo grado), che si risolve in una sorta di “vorrei ma non posso”. Quindi è uno spettatore muto. Se ne riparlerà dopo il 4 dicembre, con tutti gli interrogativi che questo comporta.