sabato 15 ottobre 2016

Repubblica 15.10.16
Amos Oz: “La letteratura vera è provinciale come Cechov”
di Francesca Bolino

Lo scrittore ha ricevuto ad Alba il Premio Bottari Lattes Grinzane tenendo una lectio magistralis: “Gli innovatori sono quelli che tradiscono e cambiano il pensiero. Il mio italiano preferito? Tomasi di Lampedusa”
Amos Oz è uno scrittore che da sempre incrocia la grande letteratura con la riflessione sull’attualità, sulla storia. A cominciare da quella, tormentata, del suo Paese: «Israele è una buona metafora per la condizione umana. È circondata da vicini pericolosi, vive in una zona insicura. È una drammatizzazione dell’incertezza che proviamo: solitudine, vecchiaia, crisi familiari. Tutti viviamo sulle pendici di un vulcano». La sua voce risuona forte e chiara qui ad Alba, dove riceve il premio Bottari Lattes Grinzane per «la qualità umana dei suoi libri » e tiene una lectio davanti a un pubblico giovane, attentissimo. Confermandosi uomo di passioni, di contraddizioni, di corrispondenze fra arte e vita: «Mia nonna diceva: piangi tutte le tue lacrime e quando non ne avrai più per piangere allora quello è il momento di ridere. Ecco come scrivo io». Un metodo, il suo, che prevede come regola d’oro l’immedesimazione: «Le storie si creano solo mettendosi nei panni degli altri, o meglio ancora, nella pelle di un altro o di un’altra. Io scrivo perché per me è una necessità vitale. Un bisogno di ascoltare le storie degli altri e di raccontarle».
Storie di finzione, ma anche storie vere. Oz arriva ad Alba nel giorno in cui è esplosa la crisi diplomatica tra Israele e Unesco, che ha definito le alture di Gerusalemme luogo sacro solo per i musulmani. Interpellato sul tema, lo scrittore si irrigidisce: «Sicuramente è uno scherzo malsano, come sarebbe malsano affermare che non ci sono legami tra il popolo cinese e la grande muraglia». Anche su un altro argomento caldo, il Nobel a Bob Dylan, ha le idee chiare, e tutte a favore: «Una decisione sorprendente e sicuramente popolare. Ogni cosa scritta con le parole è letteratura ». Nessun “tradimento”, insomma. Anche se proprio il “tradimento”, anche nei suoi elementi positivi, è un concetto che lo appassiona: il suo ultimo libro uscito in Italia (per Feltrinelli) si chiama Giuda: «Chi cambia il mondo – insiste – sta tradendo qualcosa. Einstein quando ha coniato la sua teoria della relatività ha tradito Newton, Kafka con le sue opere letterarie ha tradito Thomas Mann. Tradire vuol dire avere un pensiero nuovo».
E poi, naturalmente, la sua idea di letteratura: «Non migliorerà il mondo, ma un buon romanzo parla di voi, del vostro vicino. Leggere un libro significa parlare con gli altri. Mi piace raccontare storie e mi piace quando gli altri le raccontano a me. Quando avevo 11 anni, stavo raccontando una storia di fantasia ad un gruppo di amici e alla fine una ragazza mi ha baciato sulla guancia. Beh quel bacio me lo ricordo ancora». Quanto ai suoi gusti, spiega che la vera letteratura è quella provinciale: Prendiamo i miei eroi: Cechov raccoglieva i pettegolezzi delle piccole cittadine e li faceva diventare universali. O Faulkner: parlava di città dimenticate in America. Ma quando lo leggete, quelle città parlano di voi, delle vostre illusioni, sofferenze, angosce. E poi il mio scrittore italiano preferito: Giuseppe Tomasi di Lampedusa parlava di universo, infelicità, tradimenti, complotti. Insomma, l’universale è provinciale».