Repubblica 15.10.16
Interessi nazionali e politica estera
di Gianluca Di Feo
Lo
scorso anno per 8 mesi la difesa aerea del Baltico è stata gestita dai
caccia italiani: 40 volte gli Eurofighter tricolori sono decollati dalle
basi lituane per intercettare aerei russi che avevano violato la
frontiera orientale della Nato. Ogni sfida è stata comunicata, eppure
nessuno ha detto nulla: la missione a stretto contatto con gli stormi di
Putin è passata inosservata. Adesso l’annuncio dello schieramento di
una compagnia di soldati in Lettonia ha provocato una tempesta politica.
Eppure il premier Renzi aveva parlato di questa missione lo scorso 9
luglio, presentandola in Parlamento 2 settimane dopo. Ed è difficile che
l’armata di Mosca, forte di un milione di uomini, si preoccupi per 140
alpini.
La riflessione necessaria è un’altra. Quante delle
missioni che conduciamo all’estero sono finalizzate agli interessi
nazionali? Da quasi 20 anni sono soprattutto le spedizioni militari a
determinare la nostra politica estera: Balcani, Iraq, Libano,
Afghanistan hanno testimoniato la credibilità dell’Italia nello
scacchiere internazionale. Questo impegno ha provocato un sacrificio di
risorse e di vite umane consistenti – solo in Afghanistan sono stati già
spesi 6 miliardi e contati 53 caduti »portandoci in terre molto lontane
solo per assecondare la volontà della Nato o degli Stati Uniti, che
sono “azionisti di maggioranza” del Patto atlantico.
Ecco, da
troppo tempo manca nel Parlamento un dibattito per definire quale sia il
nostro interesse nazionale: è nel Baltico, in Afghanistan o più vicino?
Un punto di partenza per questa riflessione viene dal Libro bianco
voluto dal ministro Roberta Pinotti. Dove c’è scritto: «La zona
euro-mediterranea rappresenta la principale area d’intervento
nazionale». E dove, riconoscendo il ruolo nella Nato, viene però
indicata come prioritaria la nascita di una Difesa europea. Una
prospettiva che non piace né agli Stati Uniti, né alle nazioni passate
dal Blocco sovietico all’Alleanza atlantica. Ma il mondo è cambiato e
tutti i punti di riferimento sono stati sconvolti. Un’incertezza globale
che dovrebbe imporre una discussione vera su quale politica estera
serve all’Italia. E di conseguenza quali missioni assegnare ai nostri
soldati. Prima di trovarci intrappolati in altre operazioni senza via
d’uscita o peggio ancora di marciare sul confine della nuova Guerra
fredda.