mercoledì 12 ottobre 2016

Repubblica 12.10.16
La via estrema dell’ascesi che passa da Celestino V
di Agostino Paravicini Bagliani

Eremiti e anacoreti accompagnano la storia del cristianesimo fin dai primi secoli. Anacoreta è una parola di origine greca che significa «colui che si ritira» (dal mondo). Il modello è evangelico. Cristo si era ritirato per quaranta giorni nel deserto (Marco 1,12-13, Matteo 4,1-11, Luca 4,1-13) per «vincere il male con il bene» (San Paolo, lettera ai Romani 12,21). L’eremitismo si sviluppa, fin dal III secolo, dapprima in Oriente. Paolo Eremita (229-342) era un Egiziano benestante. All’età di 20 anni si stabilì nel deserto dell’Alto Egitto, nella regione Tebaida, che resterà come immagine ideale dell’eremitismo (Paolo Uccello). Gli eremiti e anacoreti orientali, chiamati Padri del Deserto, diventeranno in Occidente il modello per coloro che cercavano nell’eremitismo una forma di vita fondata sull’ascesi estrema.
L’eremita fu riconosciuto da San Benedetto come uno dei quattro tipi di monaco. Eremiti e anacoreti si diffusero in tutte le regioni della cristianità medievale. Ordini religiosi, come gli eremiti carmelitani, hanno un modello eremitico che risale a Sant’Elia. Le numerose certose, talvolta urbane o semiurbane (Pavia, Firenze e così via), sono organizzate per permettere ai monaci di vivere isolati in celle, in completa solitudine per quasi tutta la giornata. Celestino V, il papa «del gran rifiuto», aveva vissuto a lungo in un eremo e volle tornare a vivere da eremita dopo la sua rinuncia al pontificato (1294).
In certi monasteri, i monaci seguivano le cerimonie liturgiche da una piccola finestra, il cosiddetto agioscopio. Anche Filippo II re di Spagna seguiva, all’Escorial, la celebrazione della messa da un agioscopio. Il desiderio di isolarsi fece nascere nel Quattro e Cinquecento la figura del principe eremita che si ritirava con i suoi consiglieri come il duca di Savoia Amedeo VIII a Ripaille, sul lago di Ginevra. Figure come quella di San Girolamo diventano il modello dell’eremita penitente nel deserto ma che non è totalmente assente dal mondo. In molte città medievali uomini e donne vivevano da «reclusi», murati in celle. Erano modelli ideali di vita spirituale che tentavano di far convivere il desiderio di solitudine (pensiamo al De vita solitaria di Petrarca) con la vita nel mondo, una testimonianza vivente della lotta tra il bene e il male. Anche l’attuale codice di diritto canonico (1983) riconosce la vita (can. 603) eremitica o anacoretica, che deve svolgersi «attraverso il più rigoroso isolamento dal mondo».