Repubblica 10.10.16
Spielberg, il grande patto con la Cina
L’annuncio: il gruppo Alibaba di Jack Ma entra nella società di produzione del regista Usa
di Angelo Aquaro
PECHINO
TELEFONO, Cina. È Hollywood che sbarca a Pechino o Pechino che invade
Hollywood? Il matrimonio tra Steven Spielberg, il regista di E. T. e
tanti successi da Oscar, e Jack Ma, il padrone di Alibaba, è già storia,
e non solo del cinema. I termini non sono ancora noti ma è Alibaba
Pictures Group entrerà in Amblin Partners, la società del regista che ha
inglobato la mitica Dream-Works, fondata vent’anni fa per liberare
Hollywood dalla schiavitù delle major e poi travolta da una serie di
vicissitudini finanziarie. Oggi, finalmente, il regista di Amistad, il
film che raccontava la tratta degli schiavi, ha spezzato le catene:
grazie ai miliardi dei cinesi che siederanno nel consiglio
d’amministrazione soccorrendo una creatura che si regge su 800 milioni
di prestiti. «Possiamo portare più Cina in America e più America in
Cina», ha detto Spielberg volato a Pechino per l’uscita di Il GGG - Il
grande gigante gentile, il film tratto dal romanzo di Roald Dahl, che
però al botteghino Usa non è riuscito a recuperare i costi. «Io non vedo
nessuna differenza di valore tra Oriente e Occidente», gli ha risposto
il suo salvatore: «A parte il fatto che l’Occidente sa raccontare le
storie meglio».
All’Oriente toccherà soltanto venderle? Non
proprio. Il mercato cinese è già il secondo al mondo dietro agli Usa,
6,8 miliardi di dollari contro 11,1, con il piccolo particolare che
l’America rallenta mentre qui siamo balzati del 49%. L’accordo prevede
adesso la realizzazione «tra i 6 e i 9» film all’anno: destinati al
mercato cinese, ma anche a quello Usa. Per il re dell’Amazon made in
China è un sogno che si avvera. «È stata Hollywood a darmi un sacco di
ispirazione», aveva detto al principe della tv americana Charlie Rose.
«E il cinema è la cosa migliore che c’è per aiutare i cinesi a
crescere». Proprio quello che teme il Congresso Usa, che in questi
giorni sta pensando a regolamentazioni più severe per impedire che
Pechino si infiltri in settori a rischio per la sicurezza nazionale:
media, telecomunicazioni, aerospaziale.
La sfida dell’ex prof di
inglese diventato paperone (28.9 miliardi di dollari) è anche un pugno
nello stomaco di Wang Jianlin, l’ex palazzinaro oggi a capo dell’impero
di Wanda che gli ha soffiato il primato di uomo più ricco di Cina: 33.3
miliardi di dollari. Wanda possiede la più grande catena di cinema al
mondo (compresi gli americani Amc) e dopo aver realizzato un accordo
miliardario con Sony ora è in trattativa per comprarsi la Dick Clark
Production che realizza i Golden Globe. La storia della rivalità tra
Jack e Jianlin è un pezzo di storia della Cina di questi anni: anche per
le accuse rivolte a entrambi di aver fatto carriera all’ombra della
politica. L’uomo che sogna i Golden Globe è stato premiato con vari
riconoscimenti di partito. L’uomo che adesso è in affari con il regista
pluri-Oscar è amico del presidente Xi Jinping da quando entrambi erano
due giovani emergenti e sconosciuti. Chi l’avrebbe mai detto: in quella
lontana provincia di Zhejiang l’imprenditore lanciava la sua start up
mentre il funzionario di partito chiamava a investire Motorola,
McDonald’s, Citibank.
Sembra una storia da film: appunto. Dalla
DreamWorks di Spielberg al “China Dream” che è diventato lo slogan di
Xi? «Il film che ho amato di più», ha confessato Jack, «è Forrest Gump.
Lì ho imparato una cosa fondamentale per il mio business. Ricordate il
suo slogan? Non arrendersi mai». C’era anche quell’altro, di slogan:
stupido è chi lo stupido fa. Spielberg e gli altri sono avvisati:
Telefono, Cina, essì che è Pechino che invade Hollywood.