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22.10.2016
donne
insidiate dal telefonino
di
Cristoforo
Pigafetta
Per
la Silicon Valley l’India è il nuovo Eldorado. Il Paese è il
terzo mercato del mondo per gli smartphone, con oltre 400 milioni di
internauti, pari a poco più del 30% della popolazione. La sfida è
portare Internet agli altri due terzi di abitanti del gigante
asiatico. Per Google e Facebook, i due principali contendenti, il
principale ostacolo non è tecnologico, né burocratico –negli
ultimi mesi il governo indiano è intervenuto più volte per dettare
le proprie condizioni–ma culturale: per la maggioranza delle donne
indiane lo smartphone resta ancora un tabù. Secondo i dati di Gsma –
organizzazione che rappresenta le compagnie telefoniche di tutto il
mondo–in India solo il 28% delle donne possiede un cellulare, a
fronte del 43% degli uomini. Il gap è ancora più evidente in
termini assoluti: il numero di maschi in possesso di smartphone è di
114 milioni superiore. In un recente report, il Wall Street Journal
spiega che la ragione dello squilibrio va ricercata nella diffidenza
degli uomini. Soprattutto nei centri minori e nelle campagne, padri e
mariti temono la libertà che un dispositivo mobile potrebbe portare
a figlie e mogli. Sostengono che i telefonini favorirebbero la
promiscuità sessuale e che, in ogni caso, rovinerebbero la
reputazione morale delle loro donne. Per non parlare dei costi:
perché spendere soldi per acquistare lo smartphone a una figlia che
prima o poi si sposerà e porterà quella tecnologia a un’altra
famiglia? Quanto accade oggi in India ricorda molto da vicino gli
esordi della telefonia in Occidente. Quando, alla fine
dell’Ottocento, comparve il telefono, Daniel Bell e Antonio Meucci
non pensavano minimamente a un suo uso per la comunicazione sociale,
bensì a uno strumento per trasmettere musica, spettacoli teatrali,
radiocronache sportive, messaggi di Sos. Ci vollero anni perché i
dirigenti di At&T si rendessero conto delle potenzialità di
diffusione del nuovo mezzo, dell’uso che ne veniva fatto nelle
campagne per avvicinare comunità disseminate sul territorio. Furono
le massaie americane a imporre la svolta, utilizzando la nuova
tecnologia per sconfiggere l’isolamento domestico, contro i
tecnocrati delle società di telecomunicazione che consideravano
un’eresia adoperare uno strumento così sofisticato per fare
chiacchiere. Anche allora, i catastrofisti –uomini –interpretavano
il loro ruolo immaginando una società distrutta dai nuovi mezzi di
comunicazione, con i figli corrotti dai maniaci, le donne insidiate,
la vita familiare disturbata dall’invasività del mezzo. Poi si sa
com’è andata a finire.