venerdì 14 ottobre 2016

Corriere 14.10.16
Michael Sandel
«In Europa c’è il populismo Noi abbiamo la misoginia»
Il filosofo: «I progressi fatti sono il nemico da combattere»
di Serena Danna

Quando si tratta di riconoscere il confine tra giusto e sbagliato, il filosofo Michael Sandel è un nome di riferimento dagli Stati Uniti — dove insegna all’Università di Harvard — fino alla Cina, Paese che nel 2010 l’ha nominato «personaggio straniero più influente dell’anno». Il pensatore americano, definito dal Financial Times «una rockstar dell’etica», si configura dunque come faro ideale per addentrarsi nella controversa morale del «trumpismo».
Nonostante le ultime rivelazioni sembrino confermare un comportamento spesso misogino e sessista da parte di Trump, i maschi americani continuano a stare con lui. Perché?
«Innanzitutto bisogna chiedersi come mai, al netto degli scandali, quasi il 40% della popolazione americana resti dalla sua parte. La risposta sta nei maschi bianchi della “working class”, che vedono in Trump l’unica speranza per riguadagnare il ruolo perso nella società americana. Le ragioni non sono solo economiche ma anche culturali: quegli uomini che hanno perso il lavoro a causa della globalizzazione, dell’outsourcing e del declino dell’industria, sono pieni di risentimento verso le “minoranze” — gli immigrati, gli afroamericani e anche le donne — ritenute responsabili di aver progressivamente guadagnato status economico e culturale a loro discapito».
Perché le donne?
«Sebbene l’America abbia spesso corso più velocemente dell’Europa sul piano del progresso civile, stiamo assistendo a un contraccolpo da parte della popolazione maschile: una reazione al trend di crescita di eguaglianza di genere. Il rifiuto urlato della globalizzazione, che in Europa si esprime soprattutto con il ritorno del nazionalismo, qui trova nella misoginia un nuovo terreno. I progressi fatti dalle donne negli ultimi decenni sono per molti un nemico da combattere».
Crede che la presenza di Clinton, prima donna candidata alla presidenza, aumenti il risentimento ?
«Sicuramente lo intensifica ma credo che il fenomeno sarebbe venuto fuori anche con un uomo. È una situazione simile a quella che abbiamo vissuto con gli afroamericani dopo l’elezione di Barack Obama, che ha generato un inasprimento delle relazioni razziali negli Stati Uniti».
Per quanto riguarda gli afroamericani, alcuni studiosi, tra cui Michelle Alexander, sostengono che le vittorie sul piano dei diritti civili abbiano portato a un nuovo livello la discriminazione razziale.
«È così, e qualcosa di simile sta succedendo con le donne. Sono stati raggiunti importanti obiettivi sul versante legale e dei diritti civili ma adesso bisogna compiere un passo più lungo, perché si tratta di raggiungere il pieno riconoscimento sociale e la piena eguaglianza economica. Ci sono forze che remano in direzione contraria e hanno trovato in Trump un simbolo».
Che ruolo possono svolgere gli «altri» uomini? Quelli, tanti, che non si sentono minacciati dalle conquiste delle donne?
«La terribile misoginia rappresentata e veicolata da Donald Trump ha colto di sorpresa molti cittadini, forse per questo non abbiamo ancora visto una reazione vera, organizzata, che veda mobilitati uomini e donne insieme».
Il fatto che sia una specie di choc potrebbe scuoterli?
«Dipende da come risponderemo allo choc, se chiamerà a sé un atteggiamento di costruzione sociale oppure no. Le conseguenze profonde che questa terribile campagna porterà nel tessuto del Paese sono ancora un’incognita».