La Stampa Tuttolibri 15.10.16
Studiate il greco e non sarete più confusi
Nove ragioni per amare una lingua “geniale” non una tortura da imparare a memoria
di Alessandro D’Avenio
Ogni
lingua esprime una irripetibile idea di mondo, più strana è l’idea più
interessante è la lingua. È questa la sfida dell’appassionante libro di
Andrea Marcolongo sui misteri del greco antico. Non fa differenza che
una lingua sia viva o morta, ciò che conta è che impararla possa
ampliare i gradi di percezione del mondo: i nostri sensi sono
determinati dalle nostre parole. Il greco antico ha, nella sua capacità
di nominare, qualcosa di speciale ed essenziale: è una lingua geniale,
fatta per andare all’origine della realtà e nominarla senza fronzoli,
senza però tralasciare un’infinita varietà di sfumature, proprio per
raggiungere, come si fa con uno strumento di alta precisione, l’identità
di ogni cosa: «è al greco che torniamo quando siamo stanchi della
vaghezza, della confusione; e della nostra epoca» diceva Virginia Woolf.
I
Greci usavano almeno tre verbi per «fare», perché non era lo stesso
fare un’azione politica, una poesia, un figlio, un delitto. I loro
colori non erano i nostri, li definivano a partire dai movimenti di
rifrazione della luce sulla superficie: l’omerico mare «colore del vino»
indicava l’indicibile cangiante riverbero della luce sull’acqua.
Il
libro della Marcolongo non è una grammatica, ma una storia d’amore con
una lingua e la sua capacità di trasformare i sensi. L’autrice si lascia
alle spalle le noiose anche se necessarie diatribe «greco sì greco no»,
«la crisi del classico»..., spesso risolte dai cattedratici con
dottissime dissertazioni ridotte al «devi amarlo anche se non capisci» o
al «prendi la medicina del pensiero, soprattutto oggi». Due motivazioni
tutt’altro che motivanti: una parte dall’obbligo anziché dall’amore,
l’altra dalla malattia anziché dalla salute. Mentre nella Lingua
geniale, conosciate o no il greco antico, si parte dall’amore e dalla
salute: è un vino che non avete mai bevuto, annata unica, se lo
assaggiate ne vorrete ancora, come quello offerto da Ulisse al Ciclope.
Proprio
la stranezza del greco antico, non ridotto ad una tortura di eccezioni
da imparare a memoria, è ciò con cui Marcolongo ci affascina,
trasformando nove stravaganze linguistiche in veri e propri sondaggi
esistenziali: dai tre generi (maschile, femminile, neutro) ai tre numeri
(singolare, plurale e duale), dal modo del desiderio (ottativo)
all’anarchia ordinata dei casi...
La prosa della Lingua geniale
riesce a raccontare i misteri della grammatica e della sintassi come si
trattasse di un volto umano o di un’architettura: «un modo per giocare a
pensare in greco antico», ma senza le gigionerie di alcuni libri di
questo genere. Ha la leggerezza frutto di esperienza e riflessione, e la
giusta dose di polemica: «il liceo classico così come è strutturato,
sembra non avere altro scopo che mantenere i Greci e il loro greco i più
inaccessibili possibile». Per i puristi che stanno già affilando le
loro critiche, non si tratta di una grammatica descrittiva e normativa,
«non ha alcuna pretesa accademica» ma «una forte pretesa di passione e
di sfida», basate sulla convinzione che «lo studio del greco
contribuisca a sviluppare il talento di vivere, di amare, di faticare,
di scegliere e di assumersi la responsabilità di successi e fallimenti».
Nelle
pagine di ogni lezione i momenti più smaccatamente grammaticali
diventano presto veri e propri tuffi esistenziali, come quello relativo
al modo «ottativo», che serve a esprimere il desiderio: «è la misura
perfetta della distanza che intercorre tra la fatica che serve a fare i
conti con un desiderio e la forza che occorre per esprimerlo prima di
tutto a se stessi»; o quello dedicato al duale: «uno più uno uguale uno
formato da due, non semplicemente due», sia che si riferisca agli occhi
che guardano l’amata, a navi che combattono lo stesso nemico, a cavalli
che tirano lo stesso carro, l’importante era esprimere attraverso la
parola la presenza di una dualità non matematica, per dare conto di una
relazione che crea qualcosa di nuovo rispetto a un semplice plurale.
Le
nove ragioni offerte da questo libro sono un ottimo spunto per
professori e nostalgici, e un efficace punto di partenza per studenti e
curiosi, per rinnovare il modo di studiare una lingua più viva e
necessaria che mai: «dire cose complesse con parole semplici, vere,
oneste: ecco la potenza del greco antico».