domenica 9 ottobre 2016

La Stampa 9.10.16
Non sempre va tolto un figlio a genitori cattivi
di Carlo Rimini
Professore ordinario di diritto privato all’Università di Milano

Il figlio della «coppia dell’acido» è stato tolto ai suoi genitori e sarà adottato da un’altra famiglia. Non condivido questa decisione. Mi spaventa uno Stato che toglie i figli alle persone perché le giudica cattive e per questo inadatte a crescerli. Molti la pensano diversamente.
La pensano diversamente e approvano la decisione sulla base di una considerazione semplice che pare persuasiva: il giudice decide sulla base dell’interesse del bambino e crescere in un ambiente sano, fra persone per bene, è molto meglio che essere figlio di due genitori responsabili di reati orrendi, che passeranno molti anni in carcere.
È evidente, però, che l’interesse del minore non consente qualsiasi decisione: altrimenti dovremmo togliere un bambino a genitori analfabeti o malati per assegnarlo a una coppia istruita e sana. Il confine entro il quale l’interesse del minore consente di dichiararlo adottabile è chiaramente fissato dalla legge. L’art. 1 della legge sull’adozione afferma che il bambino ha diritto a crescere nella propria famiglia (e le convenzioni internazionali ormai impongono questa regola). L’art. 8 precisa che sono dichiarati adottabili «i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti». Occorre quindi che i genitori abbiano abbandonato il figlio in modo continuativo. La giurisprudenza ha chiarito che l’abbandono può essere realizzato non solo con una omissione (non occuparsi del bambino) ma anche con comportamenti inadeguati a garantirne la crescita dignitosa. La legge è però chiarissima nell’indicare che la dichiarazione di adottabilità presuppone l’accertamento di una condotta protratta nel tempo e tenuta dal genitore nei confronti del suo bambino. Il fondamento razionale di questa scelta legislativa è evidente: lo Stato non può togliere un bambino ai genitori sulla base di una valutazione etica o come ulteriore sanzione per i reati commessi. Molti bambini hanno entrambi i genitori in carcere per aver commesso reati gravi e nessuno ha mai pensato di darli in adozione. Anzi una legge dolorosa, ma umana e civile, consente alle mamme carcerate di tenere i figli più piccoli vicini a sé; quando ciò non è possibile se ne occupano i parenti. Lo Stato non può neppure togliere un bambino ai genitori perché un esame psicologico ha concluso che si tratta di genitori inadeguati: per supportare la decisione servono fatti. I genitori e i parenti del bambino devono avere dimostrato con i loro comportamenti tenuti nei confronti dei figli di non essere in grado di occuparsene. Qualche anno fa un tribunale aveva dichiarato adottabile un bambino figlio di genitori molto anziani sulla base di un unico e contestato episodio in cui avevano dimostrato una certa trascuratezza. Lunghe osservazioni psicologiche avevano supportato la conclusione della loro incapacità genitoriale. Recentemente la Cassazione ha revocato quella decisione richiamando i giudici ad effettuare un accertamento oggettivo dello stato di abbandono come presupposto della dichiarazione di adottabilità. Dimenticarselo, anche con l’intento di tutelare l’interesse di un bambino, non è possibile. Altrimenti il Giudice si fa interprete di uno Stato etico, come il Leviatano di Hobbes, arbitro del bene e del male.