La Stampa 8.10.16
Lo sfogo del chirurgo
“Adesso girerò l’Italia per dire no al referendum”
La
 rivincita Dopo l’assoluzione nel processo su scontrini e onlus Ignazio 
Marino ha indetto una conferenza stampa a cento passi da Palazzo Chigi
“La Costituzione è la Magna Charta, la riforma è scritta come il Mille-proroghe. Con me ok alle Olimpiadi”
di Fabio Martini
Giù
 per strada, nel vicolo di Santa Chiara, i fans di Ignazio Marino fanno 
la «ola» - «I-gna-zio, I-gna-zio, I-gna-zio» - e lui, nella sua casa al 
primo piano, tira la tenda, guarda di sotto con gli occhi lucidi e dice 
al cronista: «Devo andare giù, mi scusi». Per l’ex sindaco di Roma è il 
giorno della rivincita, covata per mesi in un silenzio insolito per un 
personaggio dalla grande loquacità e con un’alta considerazione di sé. 
Dopo che il tribunale di Roma gli ha restituito l’onore, Ignazio Marino 
ha indetto una conferenza stampa a cento passi da Palazzo Chigi, un 
fuoco d’artificio di battute nel quale ha risparmiato colui che lui 
stesso ritiene il mandante della sua caduta.
Professore, pensa che il presidente del Consiglio le debba delle scuse?
«Per farlo, bisognerebbe avere capacità d’analisi, umiltà e onestà».
Un capo di governo che favorisce le dimissioni del sindaco della capitale, è una cosa che non si era mai vista...
«Non
 condivido chi ha parlato di golpe, ma il conto di certe azioni le paga 
il Paese, soprattutto quando riguardano la capitale di Italia. Qualcuno 
ora si dovrebbe guardare allo specchio e capire se ha la statura di 
statista e farsi un esame di coscienza».
Si candiderà alla segreteria del Pd?
«No, col Pd mi sono preso un anno di riflessione, che finirà il 31 dicembre».
Ma si può immaginare che da domani lei diventerà uno degli alfieri della campagna referendaria per il No?
«Ho
 inviti in oltre 20 città italiane. Dirò quel che penso sulla riforma: 
che il Senato va totalmente abolito e che la revisione non è stata 
studiata e votata come avevano fatto all’assemblea costituente. Basta 
guardare l’articolo 70: è stato scritto come un articolo di quello che 
in Parlamento chiamano il Mille-proroghe! Visto l’articolo...., 
richiamando il comma 1... La Costituzione è la Magna Charta, è quella 
che tutti capiscono».
Se lei fosse ancora sindaco, Roma sarebbe più vicina alle Olimpiadi?
«Sì.
 Col progetto che illustrai al Cio e che era stato preparato 
dall’assessore Caudo - un Villaggio Olimpico che sarebbe diventato la 
Città della giustizia, una nuova metropolitana veloce, un parco fluviale
 - l’Italia avrebbe probabilmente vinto la nomination».
Prima della sentenza era così sicuro che sarebbe stato assolto?
«Io
 ho sempre sostenuto il ruolo della magistratura anche da senatore, 
talora in contrasto con il mio gruppo. Poi mi sono trovato io 
all’attenzione dei magistrati e - sì è vero - mi sono interrogato ma ho 
mantenuto lo stesso atteggiamento. E il perché l’ho raccontato al 
giudice nella mia dichiarazione spontanea a porte chiuse...»
Irriferibile?
«No.
 Ho detto: è la seconda volta che mi trovo in un’aula di giustizia. Da 
chirurgo ho operato per quasi 20 anni nello Stato della Pennsylvania, 
quello col più alto numero di cause legali per medici in tutto il 
pianeta. Era una notte del 1992, avevo appena finito un trapianto di 
fegato, stavo andando a casa e mi squilla il cerca-persone. Era il 
numero della terapia intensiva: mi spavento e faccio una cosa che non si
 deve fare: lascio la macchina davanti al pronto soccorso. Incontro 
Katy, l’infermiera, che mi dice: hai lavorato tutta la notte e ti 
avevamo preparato un caffè caldo... Le rispondo: ma voi siete matti, mi 
sono preso un colpo! Vado giù e la macchina non c’era più. Portata via 
dalla polizia con una multa da 400 dollari. Vado davanti al giudice che 
ascolta il mio racconto e mi dice: “Mi prometta che non lo farà più. Io:
 “Lo prometto”. Ha sbattuto il martello sul bancone e ha detto: “Ora si 
vada a riprendere i 400 dollari, perché lei è un bravo medico”».
 
