giovedì 6 ottobre 2016

La Stampa 5.10.16
Renzi si sente accerchiato
“Contro di noi solo bugie, saranno due mesi duri”
Il premier in tour: “Non lasciatemi solo, non ce la faccio”
di Fabio Martini

A fine mattinata, quando arriva alla Fassa Bortolo, azienda del Trevigiano che produce intonaci, malte e cemento armato, il presidente del Consiglio è più cerimonioso del solito: «Scusate, sono mortificato per il ritardo, è stata una giornataccia...». Certo, Matteo Renzi indica esplicitamente i problemi che hanno rallentato il suo decollo dall’aeroporto militare di Ciampino, ma anche nelle ore successive il 5 ottobre si confermerà una giornata in salita, una giornataccia per il capo del governo. A metà mattinata è arrivata una nuova sorpresa, particolarmente sgradita al presidente del Consiglio.
Il ricorso al Tar sulla questione del quesito referendario ha avuto l’effetto di aprire un nuovo fronte di polemiche, col governo che - questo è il punto che “rode” a Renzi - si ritrova nella parte dell’”imputato”, è costretto a difendersi, «a prescindere dai fatti - si sfoga il premier - perché oramai sulla Rete vale la post-verità», cioè una menzogna trasformata in verità, secondo una tendenza teorizzata negli Stati Uniti. E d’altra parte la storia del “quesito truffa” - come stanno provando a battezzarlo i suoi detrattori - per Renzi è l’ennesima prova che i prossimi due mesi saranno una via crucis. Come lui stesso confida: «Sarà dura...».
Soprattutto per un motivo. La battaglia per il referendum l’ha voluta Renzi, che ora per la prima volta comincia a toccare con mano un certo vuoto attorno a sé. Ad un certo punto, parlando al Centro Appiani di Treviso, il presidente del Consiglio si è lasciato sfuggire una battuta: «Non lasciatemi solo, perché da solo non ce la faccio...». Una battuta pronunciata probabilmente con intento “empatico” per motivare una platea amica, ma comunque parole che mai il capo del governo avrebbe pronunciato nella stagione del consenso.
Nelle ultime 72 ore, prima che si manifestasse la grana del quesito, si erano concentrati diversi e importanti segnali, tutti poco incoraggianti: il pronunciamento di diverse istituzioni interne (Banca d’Italia, Ufficio parlamentare del bilancio) e internazionali (Fmi) sulla credibilità delle stime del governo: il duro commento del “Financial Times” sulla reale consistenza delle riforme imbastite dal governo italiano. Ecco perché ieri mattina la giornata per il presidente del Consiglio è iniziata attorno alle 6,30: dopo aver dato uno sguardo ai giornali, Renzi si è collegato con Facebook e da lì ha pubblicato un post di difesa-attacco: «Come sempre a ottobre gli esperti ci dicono che le nostre misure non hanno copertura e i numeri non tornano. Rispetto le loro tesi anche se ricordo che abbiamo sempre trovato le coperture, smentendo le previsioni negative: continueremo a farlo. Ma mentre gli esperti discutono io oggi vado ad incontrare chi il Pil lo produce non chi lo analizza».
Oramai da diversi giorni Renzi si sta imponendo ritmi intensi: ieri sette appuntamenti nel Trevigiano e altri tre nel Genovese. Oggi altri cinque appuntamenti a Torino. Un viaggio nel Profondo Nord, un’immersione nella parte di Italia che per il momento sembra guardare con maggiore fiducia al referendum voluto da Renzi. Il perché lo spiega un torinese per il No: «Il Nord ha paura e nelle prossime settimane la campagna di Renzi in questa parte del Paese potrebbe guadagnare punti», ammette Osvaldo Napoli di Forza Italia.
La grande incognita, per Renzi, resta il Sud. Secondo i sondaggi degli ultimi giorni, in particolare quello autorevole della Ipsos di Nando Pagnoncelli, nel Mezzogiorno il No è nettamente in testa. Ma Renzi, avendo commissionato da tempo sondaggi mirati sulle singole realtà, già da maggio conosce questa difficoltà nelle regioni meridionali ed ecco perché nei mesi ha firmato diversi Patti per lo sviluppo. In tutte le regioni del Sud: Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata, Sardegna. Riservandosi di tornare nelle prossime settimane: è al Sud che ci sono i voti che potrebbero salvargli la “vita” o condannarlo alla sconfitta.