La Stampa 5.10.16
Un brivido da sette punti per Renzi
di Marco Zatterin
È
bastato un lancio d’agenzia sull’ipotesi di un rallentamento del doping
pro-ciclico della Bce a far sobbalzare gli interessi che la Repubblica
Italiana pratica per finanziare il suo mostruoso debito. Il
differenziale di rendimento fra i Btp e i Bund tedeschi è salito di 7
punti base. Nulla di drammatico, appena un brivido, eppure è un segnale
preciso. I mercati pensano che senza crescita e senza Francoforte che
compra bond a palate, sostenere il passivo di Stato potrebbe diventare
difficile. Se non impossibile.
Abbiamo il terzo debito del globo e
una crescita rachitica. L’ossigeno per tirare avanti è oggi garantito
dallo scudo di Mario Draghi. Sinché continueranno gli acquisti, l’Italia
potrà respirare, perché l’azione dell’Eurotower tiene bassi i tassi e
lontane le paure. Così, anche se è giusto avere preoccupazioni per la
terra della ripresina nonostante il denaro senza costo, nessuno si fa
cogliere da pensieri distruttivamente speculativi.
Magari non
succederà. Magari Draghi allungherà il quantitative easing (Qe) come
dice il Fmi. Oppure lo ridurrà gradualmente, tenendolo in vita almeno
sino al 2018. Ogni possibilità è sul tavolo. La peggiore delle ipotesi è
che da aprile Francoforte stoppi gli acquisti. Con l’economia fragile, i
cordoni della borsa stretti e le casse storicamente disastrate, i
mercati potrebbero pensare che stiamo per collassare e agire di
conseguenza. E allora?
L’Italia avrebbe due possibilità di difesa.
Una sarebbe quella di tornare a crescere con riforme e politiche di
investimento, stimolando la ricchezza, dunque le entrate, tagliando a
ruota il debito. Gonfiando il Pil, migliorerebbe i parametri di bilancio
calcolati in sua funzione. Il Paese uscirebbe dal guado lentamente, con
le carte in regola.
L’alternativa comporterebbe la riduzione
dello stock di debito, dunque il taglio delle uscite e/o l’incremento
delle entrate. E’ una marcia politicamente difficile da presentare,
richiederebbe un improbabile sacrificio di governo nel nome del bene
collettivo. Renzi e Padoan non posseggono una terza carta. C’è semmai
l’ipotesi che il QE continui quanto basta alla congiuntura globale per
rifarsi bella tirando con sé anche l’Italia. Soluzione non sicura
neanche questa e, soprattutto, non influenzabile da Roma che può
risanare, riformare e rendersi credibile, o affidarsi alla Bce e
augurarsi che non molli. Se andasse male sarebbe il peggio. Tanto che,
davanti al sospetto che il QE possa finire o assottigliarsi, i 7 punti
base ripresi dai Btp possono apparire appena uno schizzo dell’oceano.