giovedì 6 ottobre 2016

La Stampa 5.10.16
Allarme Fmi sulle banche italiane
“Gli sforzi potrebbero non bastare”
Il Fondo: soluzione rapida e trasparente per Montepaschi. E chiede una riforma del bail-in
di Alessandro Barbera

Ce la farà l’Italia a uscire dal pantano bancario? Al Fondo monetario se lo chiedono da tempo, e sulla risposta nutrono qualche dubbio. «Gli sforzi del governo potrebbero non bastare», scrivono gli economisti di Washington nell’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria. Se le righe dedicate all’Italia sono uno spaccato di quel che pensano oltreatlantico, c’è di che preoccuparsi. Il Fondo riconosce «sforzi prolungati per rafforzare il sistema» con la riforma delle popolari e delle cooperative, delle procedure giudiziali, l’introduzione delle garanzie pubbliche sulle cartolarizzazioni e la nascita di Atlante. Ma allo stesso tempo dice che finora quegli sforzi non sono bastati: il livello di solidità patrimoniale è fra i peggiori d’Europa, con un “Tier one” dell’11,4 per cento, così come il tasso di esposizione ai crediti deteriorati. Il caso Monte dei Paschi va risolto in modo «rapido e trasparente», perché «affrontare le difficoltà delle banche deboli è importante per ridurre la pressione sul sistema». Se non bastasse, Washington invita le autorità di vigilanza a dare un’occhiata alla qualità degli attivi delle banche locali. Se poi confrontiamo il giudizio sul sistema italiano con quello tedesco si potrebbe sospettare un doppio registro. Deutsche Bank, definita dal Fondo stesso «la banca più pericolosa d’Europa» è sparita dai radar. Nel rapporto – che pure regala l’inusuale citazione ad Mps – non c’è una sola riga dedicata al colosso. Solo in conferenza stampa, di fronte all’insistenza dei cronisti, il numero due del Dipartimento mercato dei capitali ammette che «Deutsche deve convincere gli investitori che il suo modello di business è sano per affrontare i rischi». Il giudizio sulle banche locali è lusinghiero: «Come sottolineato dal rapporto delle autorità tedesche, le casse di risparmio si sono focalizzate sulle attività principali, hanno ceduto partecipazioni, chiuso uffici all’estero e ridotto filiali».
C’è un punto però sul quale il Fondo monetario offre una sponda all’Italia. Lo fa quando affronta il tema del bail-in, il meccanismo introdotto in Europa che impone – a fronte di un intervento pubblico nel capitale delle banche – un onere ad azionisti ed obbligazionisti. «Con rischi finanziari crescenti, bisognerebbe fare uso della flessibilità concessa dalla direttiva sulle risoluzioni (la cosiddetta Brrd, quella che ha introdotto il bail-in)». Gli esperti del Fondo spiegano che il principio è stato applicato in maniera creativa dai regolatori nazionali: «Le differenze nella gerarchia dei creditori dovrebbero essere chiaramente comunicate agli investitori», benché sarebbe meglio averne «una sola». Il riferimento è al caso Novo Banco, l’istituto portoghese fallito sul quale la vigilanza ha applicato il bail-in azzerando solo le obbligazioni dei ricchi fondi di investimento americani.
Insomma, a Washington nutrono svariati dubbi sull’architrave dell’Unione bancaria, fino al punto di sollecitarne una riforma nel timore che prima o poi un crac paneuropeo ne metta a nudo i limiti: «Per assicurare il suo funzionamento in caso di crisi, le autorità dovrebbero testarla» e poi discutere una riforma «entro giugno 2018».
Perché è così importante la critica del Fondo monetario al bail-in per Renzi? Se il governo ha finora evitato l’intervento pubblico su Mps è perché le norme avrebbero imposto l’azzeramento dei suoi obbligazionisti, istituzionali e non. In circolazione ci sono almeno due miliardi di titoli sottoscritto da migliaia di italiani che finanziarono così il fallimentare acquisto di Antonveneta. Al Tesoro, in Banca d’Italia e perfino alla vigilanza Bce di Francoforte temono che un bail-in sugli obbligazionisti del Monte innescherebbe una valanga disastrosa: di qui il piano di salvataggio privato, che però non decolla. La Commissione europea finora si è mostrata rigida in nome del fatto che il principio è stato sempre applicato: in Spagna, Austria, a Cipro, in Irlanda. In Slovenia la faccenda è sfociata in scontri di piazza e il governatore della Banca centrale ha rischiato la galera per aver applicato le regole. Le crepe più piccole nella casa europea possono essere le più insidiose. Un eventuale salvataggio pubblico di Deutsche Bank trascinerebbe con sé l’intero palazzo.