La Stampa 5.10.16
Allarme Fmi sulle banche italiane
“Gli sforzi potrebbero non bastare”
Il Fondo: soluzione rapida e trasparente per Montepaschi. E chiede una riforma del bail-in
di Alessandro Barbera
Ce
la farà l’Italia a uscire dal pantano bancario? Al Fondo monetario se
lo chiedono da tempo, e sulla risposta nutrono qualche dubbio. «Gli
sforzi del governo potrebbero non bastare», scrivono gli economisti di
Washington nell’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria. Se le righe
dedicate all’Italia sono uno spaccato di quel che pensano
oltreatlantico, c’è di che preoccuparsi. Il Fondo riconosce «sforzi
prolungati per rafforzare il sistema» con la riforma delle popolari e
delle cooperative, delle procedure giudiziali, l’introduzione delle
garanzie pubbliche sulle cartolarizzazioni e la nascita di Atlante. Ma
allo stesso tempo dice che finora quegli sforzi non sono bastati: il
livello di solidità patrimoniale è fra i peggiori d’Europa, con un “Tier
one” dell’11,4 per cento, così come il tasso di esposizione ai crediti
deteriorati. Il caso Monte dei Paschi va risolto in modo «rapido e
trasparente», perché «affrontare le difficoltà delle banche deboli è
importante per ridurre la pressione sul sistema». Se non bastasse,
Washington invita le autorità di vigilanza a dare un’occhiata alla
qualità degli attivi delle banche locali. Se poi confrontiamo il
giudizio sul sistema italiano con quello tedesco si potrebbe sospettare
un doppio registro. Deutsche Bank, definita dal Fondo stesso «la banca
più pericolosa d’Europa» è sparita dai radar. Nel rapporto – che pure
regala l’inusuale citazione ad Mps – non c’è una sola riga dedicata al
colosso. Solo in conferenza stampa, di fronte all’insistenza dei
cronisti, il numero due del Dipartimento mercato dei capitali ammette
che «Deutsche deve convincere gli investitori che il suo modello di
business è sano per affrontare i rischi». Il giudizio sulle banche
locali è lusinghiero: «Come sottolineato dal rapporto delle autorità
tedesche, le casse di risparmio si sono focalizzate sulle attività
principali, hanno ceduto partecipazioni, chiuso uffici all’estero e
ridotto filiali».
C’è un punto però sul quale il Fondo monetario
offre una sponda all’Italia. Lo fa quando affronta il tema del bail-in,
il meccanismo introdotto in Europa che impone – a fronte di un
intervento pubblico nel capitale delle banche – un onere ad azionisti ed
obbligazionisti. «Con rischi finanziari crescenti, bisognerebbe fare
uso della flessibilità concessa dalla direttiva sulle risoluzioni (la
cosiddetta Brrd, quella che ha introdotto il bail-in)». Gli esperti del
Fondo spiegano che il principio è stato applicato in maniera creativa
dai regolatori nazionali: «Le differenze nella gerarchia dei creditori
dovrebbero essere chiaramente comunicate agli investitori», benché
sarebbe meglio averne «una sola». Il riferimento è al caso Novo Banco,
l’istituto portoghese fallito sul quale la vigilanza ha applicato il
bail-in azzerando solo le obbligazioni dei ricchi fondi di investimento
americani.
Insomma, a Washington nutrono svariati dubbi
sull’architrave dell’Unione bancaria, fino al punto di sollecitarne una
riforma nel timore che prima o poi un crac paneuropeo ne metta a nudo i
limiti: «Per assicurare il suo funzionamento in caso di crisi, le
autorità dovrebbero testarla» e poi discutere una riforma «entro giugno
2018».
Perché è così importante la critica del Fondo monetario al
bail-in per Renzi? Se il governo ha finora evitato l’intervento pubblico
su Mps è perché le norme avrebbero imposto l’azzeramento dei suoi
obbligazionisti, istituzionali e non. In circolazione ci sono almeno due
miliardi di titoli sottoscritto da migliaia di italiani che
finanziarono così il fallimentare acquisto di Antonveneta. Al Tesoro, in
Banca d’Italia e perfino alla vigilanza Bce di Francoforte temono che
un bail-in sugli obbligazionisti del Monte innescherebbe una valanga
disastrosa: di qui il piano di salvataggio privato, che però non
decolla. La Commissione europea finora si è mostrata rigida in nome del
fatto che il principio è stato sempre applicato: in Spagna, Austria, a
Cipro, in Irlanda. In Slovenia la faccenda è sfociata in scontri di
piazza e il governatore della Banca centrale ha rischiato la galera per
aver applicato le regole. Le crepe più piccole nella casa europea
possono essere le più insidiose. Un eventuale salvataggio pubblico di
Deutsche Bank trascinerebbe con sé l’intero palazzo.