mercoledì 5 ottobre 2016

La Stampa 5.10.16
Migranti in marcia verso l’Ungheria
“Riaprite i confini dell’Europa”
Centinaia in cammino da Belgrado verso la frontiera: “Devono farci passare” Orban rilancia: inserirò in Costituzione il divieto dei ricollocamenti collettivi
di Monica Perosino

Sei mesi fa erano rimasti intrappolati al confine tra Serbia e Ungheria. Era il 5 marzo e la rotta balcanica si era ufficialmente chiusa, bloccando nella terra di nessuno almeno 6 mila migranti. Dopo Slovenia e Serbia, anche Macedonia e Croazia avevano blindato le frontiere in una reazione a catena di fronte alla quale l’Ungheria aveva dichiarato lo «stato d’emergenza» per il pericolo di «migrazioni di massa» e deciso di rafforzare il muro «anti invasione». Ma ieri la lunga attesa nei campi si è improvvisamente interrotta: in centinaia si sono messi in cammino da Belgardo per raggiungere a piedi la frontiera con l’Ungheria, 200 km circa più a Nord, con l’obiettivo di protestare contro le autorità di Budapest per la decisione di impedire loro il passaggio in territorio ungherese e poter proseguire il viaggio verso l’Europa occidentale.
Da quando il governo di Orban ha deciso di chiudere la rotta balcanica sigillando la frontiera con 175 chilometri di barriera presidiata da 10 mila agenti, c’è un solo modo per entrare legalmente nel Paese e proseguire il viaggio verso l’Europa: passare dalle due zone di transito autorizzate, una è a Horgos, dove stanno gli afghani, l’altra è Kelebia, dove aspettano i siriani. Trenta persone al giorno. Nei primi 6 mesi del 2016 l’Ungheria ha concesso 87 visti ai rifugiati (a fronte di 22.491 richieste d’asilo) e fatto passare meno di 500 persone.
A Belgrado, prima di intraprendere il viaggio a piedi, i migranti, per lo più afghani, avevano inscenato una manifestazione di protesta contro gli ungheresi alla stazione degli autobus della capitale serba, bloccando a tratti il traffico: «Please Open Hungary Borders», per favore aprite il confine ungherese, si leggeva su cartelli e striscioni mostranti dai manifestanti, fra i quali si sono registrati scontri con gruppi di migranti contrari alla marcia verso il confine magiaro. La polizia, che ha tenuto a bada la protesta, ha successivamente diffuso un comunicato mettendo in guardia dal ripetersi di incidenti e invitando i migranti a «rispettare le leggi serbe» al pari di tutti gli altri cittadini. La marcia è proseguita nonostante la pioggia e il freddo, scortata dalla polizia e da cittadini che lungo la strada offrono acqua e cibo.
Un anno fa migliaia di migranti sostarono e protestarono a lungo davanti alla barriera di metallo e filo spinato eretta da Orban che ieri, incurante dell’affluenza al referendum, che ha visto mancare il quorum per la sua validità, ha detto che procederà comunque: «Il divieto dei ricollocamenti collettivi» sarà un emendamento alla Costituzione, «poiché il 98% ha votato no alla redistribuzione il risultato del referendum va tradotto in legge». E il blocco Est continua la sua battaglia per fermare o «disincentivare» i flussi: il presidente della commissione parlamentare per la sicurezza interna della Bulgaria, Tsvetan Tsvetanov, ha detto che si sta valutando la possibilità di trasformare tutti i centri di accoglienza in centri «di tipo chiuso» con coprifuoco e massiccia presenza di forze dell’ordine, «per evitare disordini e tensioni con la popolazione».