La Stampa 4.10.16
Il piano di Renzi per il sì
Dividere la minoranza Pd cambiando l’Italicum
Le opposizioni all’Agcom: troppo presente in Tv
di Ugo Magri
Renzi
accoglie speranzoso i sondaggi (Euromedia e Ipsos) che lo danno 3-4
punti indietro nel referendum. Non sono bei numeri, è vero, ma potrebbe
andargli peggio. E comunque, tra il «sì» e il «no» la forbice rimane
stretta, all’interno dell’errore statistico. Ci sono due mesi esatti per
provare la rimonta. Anzi, se si considera che «i partiti favorevoli
alla riforma della Costituzione sono al 35 per cento e gli altri al 65»,
ciò significa «che abbiamo già recuperato molto», argomenta il premier.
Conta sugli indecisi, che pare siano uno sproposito, circa la metà del
totale: devono ancora farsi un’idea, in qualche caso nemmeno sanno di
cosa si tratta, eppure saranno loro l’ago della bilancia. Secondo Renzi,
stanno a dimostrare che «è una partita aperta». E lui se la vuole
giocare con mente sgombra, senza pregiudizi neppure sull’«Italicum». «Se
serve si cambia»: una promessa giudicata sincera negli ambienti
istituzionali più elevati. Non ci sarà una proposta nero su bianco; però
Renzi profitterà della direzione Pd per indicare fino a che punto è
disposto a spingersi. Darà mandato ai capigruppo di sondare le altre
forze politiche e vedere in concreto cosa correggere. C’è chi ci scorge
pure un calcolo astuto, separare Cuperlo dal resto della minoranza Pd,
«dividi et impera».
Guerra mediatica
Di qui al 4 dicembre,
Renzi sarà mediaticamente ovunque, come il prezzemolo. E a quanti
obiettano che in questo modo finirà per ripetere l’errore iniziale,
«personalizzando» il referendum, trasformandolo in un giudizio
sull’operato del governo, i suoi un po’ negano, un po’ ammettono che
Matteo è fatto così: un lottatore sempre all’attacco. Ha solo smesso di
minacciare le dimissioni in caso di sconfitta; già tanto, visto il
caratterino. Nel timore dell’invasione della Rai, e magari pure di
Mediaset, le opposizioni insorgono contro Agcom. Accusano il garante
delle comunicazioni di non pubblicare i dati sulle presenze tivù, che
dimostrerebbero un clamoroso squilibrio a vantaggio del «sì». L’aspetto
più interessante è proprio questa consonanza che ormai si manifesta a
360 gradi. D’Alema parla come Brunetta, il quale a sua volta si esprime
col linguaggio di Grillo. Renzi è pronto a rivedere l’«Italicum»?
«Faccia di bronzo», lo apostrofa Brunetta, «si vergogni!». D’Alema
scuote la testa: «Che tristezza una legge elettorale «messa sul mercato
per cercare voti al referendum...». Grillo mette nel mirino Napolitano
che «se avesse un briciolo di dignità dovrebbe dare da mangiare ai
piccioni al Pincio». È l’ex presidente il colpevole «più grande dello
sfacelo attuale», spara sul blog. Grillo gli rimprovera di voler
cambiare l’«Italicum» solo adesso che farebbe vincere i Cinquestelle.
Ricorda della volta che con Casaleggio (Gianroberto) lo andarono a
trovare: «Ci sembrò un vecchio normale, ma fu un abbaglio». Brunetta
sottoscrive al cento per cento: «Napolitano chieda scusa e si dimetta da
senatore».