martedì 4 ottobre 2016

Corriere 4.10.16
Il pericolo di allontanare gli elettori alzando i toni
di Massimo Franco

Le convulsioni del Movimento 5 Stelle non si stanno attenuando, anzi. E la presenza a Roma di Beppe Grillo e di Davide Casaleggio per incontrare i parlamentari, conferma una fase di fermento e di incertezza che nemmeno il leaderismo riesce a nascondere. Non c’è solo l’addio al M5S del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, da tempo in rotta con il cosiddetto Direttorio. Sullo sfondo rimangono le difficoltà della giunta di Virginia Raggi. In parte sono esasperate dalle opposizioni, probabilmente. Ma in parte almeno uguale nascono dai limiti delle scelte della sindaca.
Sono apprensioni che non nascono tanto dal timore che la capitale non riesca a risollevarsi. Il terrore di Grillo è che il sogno dei Cinque Stelle a Roma si trasformi in un incubo: un manifesto alla loro incapacità di governare, sfruttato sul piano nazionale dagli avversari. La prospettiva è tutt’altro che remota, mentre crescono i toni sul referendum del 4 dicembre. Di colpo, è come se l’Italia politica avesse deciso di fermarsi, per restare concentrata soltanto sulla campagna referendaria. Si evocano da una parte e dall’altra gli scenari più bui. E il sospetto corposo è che il referendum sia soltanto un assaggio di una lunga campagna elettorale.
Lo stesso ritorno di Grillo alla guida del movimento va inserito su questo sfondo. E, sull’altro fronte, tendono a confermarlo ministri e sindaci renziani, schierati in massa da Palazzo Chigi per sostenere le ragioni del Sì. Ma non si può dire che la loro partecipazione aiuti a spersonalizzare la consultazione. Per paradosso, il martellamento sulle conseguenze nefaste che avrebbe una sconfitta delle riforme esalta i timori di Matteo Renzi. E rischia di mobilitare non solo i suoi alleati ma anche i fautori del No.
Soprattutto, ed è la cosa più inquietante, l’esasperazione proietta un’ombra di incertezza sul futuro dell’Italia. La espone oltre il dovuto alle incognite dei mercati, raffigurandola come una nazione che cadrebbe in mano alla speculazione finanziaria e al caos se il premier perdesse; e che si avvierebbe sulla strada di una pseudo-democrazia, nel caso in cui Renzi la spuntasse. Il sospetto che politicizzare il referendum possa allontanare gli elettori non viene contemplato. Eppure, può rendere ogni risultato artificiosamente traumatico.
C’è da chiedersi, inoltre, se questo scontro che non prevede riconciliazioni aiuti a comprendere il contenuto delle riforme. L’impressione è che sarà difficile. Il rischio, dunque, è che si voti senza fornire un’informazione puntuale. Fino a qualche settimana fa c’era almeno la certezza che la legge elettorale, il cosiddetto Italicum , fosse altra cosa rispetto al referendum. Lo scambio sconcertante tra Italicum e Costituzione, che il Pd tenta per ricompattarsi, confonde invece le acque. Anzi, promette di intorbidirle.