La Stampa 4.10.16
Pizzarotti esce
E Raggi chiede al leader e a Casaleggio un aiuto per sostituire Muraro
Il timore che Parma sia l’anticamera della Capitale
di Marcello Sorgi
Il
terremoto di Parma scuote il Movimento 5 stelle, già alle prese con il
fragile armistizio di Roma con la sindaca Raggi. L’improvviso arrivo di
Grillo e Davide Casaleggio a Roma, dov’è cominciata una processione del
mugugno stellato nell’albergo quartier generale dell’ex-comico, anche in
assenza di solidarietà con il sindaco Pizzarotti, dimissionario dal
Movimento, ma non dal suo incarico, perché stufo di aspettare, dopo
l’archiviazione dell’inchiesta a suo carico, una riabilitazione che non
sarebbe mai arrivata, segnala che serpeggia all’interno del movimento il
timore che Parma possa diventare l’anticamera di Roma, se le difficoltà
nella Capitale dovessero continuare. E non perché la Raggi covi la
stessa inquietudine di Pizzarotti, tutt’altro. Ma perché troppe
cominciano a essere le analogie irrisolte tra le due realtà.
Se
avessi nominato io un assessore con la tessera del Pd, obietta il primo
cittadino parmense, con riferimento alla scelta di Mazzillo, capo-staff
della sindaca, come assessore al bilancio, ci sarebbe stata una
sollevazione. Vero, infatti all’orecchio di Grillo si moltiplicano le
lamentele, soprattutto di senatori e senatrici, Taverna e Lezzi in
testa, per il tasso di autonomia consentito alla Raggi, a dispetto dei
principi del Movimento che dovrebbero fare degli eletti semplici
portavoce. Quel che Pizzarotti ha costruito a sinistra con il Pd a
Parma, la sindaca lo ha fatto a Roma con una parte della destra
capitolina e con ambienti esterni ai 5 stelle che continuano ad avere
peso sulle sue scelte.
Perché allora due pesi e due misure? Se
Pizzarotti lo ha chiesto ad alta voce, con l’evidente intento di acuire
le difficoltà del Movimento rispetto all’incerto avvio dell’esperienza
romana, sicuramente non è stato il solo. E il destino della giunta in
Campidoglio resta appeso alla capacità della Raggi, non solo di
affrontare gli enormi problemi della Capitale, ma di riuscire a
recuperare un rapporto disteso con un pezzo importante di M5s.
Quanto
a Pizzarotti, dopo l’addio, è possibile che torni a ripresentarsi come
sindaco con una sua lista. Più difficile che la sua vicenda possa
coagulare un’esplicito dissenso nazionale. I movimenti e i partiti
personali, privi di vere regole interne, sono fondati sulla leadership
carismatica e non ammettono la legittimazione del dissenso. Basta solo
ricordare cos’è successo in Forza Italia (prima della crisi personale di
Berlusconi) a chi ha cercato di contestare la leadership del Cavaliere,
o nella Lega di Salvini al sindaco di Verona Tosi, o agli stessi
grillini fuorusciti della prima ora.