lunedì 31 ottobre 2016

La Stampa 31.10.16
Il premier canadese contro rigore e diseguaglianze
Crescita, investimenti e tasse ai ricchi
Trudeau Jr rilancia la classe media
di Stefano Gulmanelli

Tutti pazzi per Justin, verrebbe da dire parafrasando il film con Cameron Diaz. Il Justin in questione è Trudeau, l’attuale primo ministro del Canada divenuto un’icona politico-mediatica da quando, giusto un anno fa, riuscì a scalzare il conservatore duro e puro Stephen Harper, al governo da dieci anni. Dieci anni in cui il Canada aveva visto appannarsi la tradizionale immagine di Paese inclusivo, più incline alla mediazione che al conflitto, con una coscienza ecologica e un occhio ai più deboli. Per un po’ i canadesi avevano accettato quello che sembrava lo spirito dei tempi: massima priorità alla sicurezza e spasmodica attenzione ai conti. Fino a quando il prezzo da pagare non è sembrato troppo alto: «Il Paese ha avvertito che si stavano minando i suoi valori identitari», nota Catherine Corrigall-Brown, sociologa alla University del British Columbia a Vancouver. Inoltre i canadesi «volevano tornare ad essere ispirati» spiega Corrigall-Brown, «la politica “negativa” di Harper la puoi accettare sul piano razionale ma non ispira». Trudeau era lì al momento giusto, con un programma che tornava a parlare di crescita per la classe media e di contrasto della diseguaglianza sociale, di mano tesa alle First Nations e di tetto alle emissioni di gas serra. Con la vittoria dei Liberal sono iniziate quelle che il Trudeau figlio d’arte (il padre Pierre fu primo ministro negli Anni 80) chiama le giornate di sole (sunny days). Un’immagine che appare ancor più radiosa vista l’aria che tira a Sud del confine. «La stella di Trudeau Jr - dice Katherine Fierlbeck, politologa alla Dalhousie University di Halifax - brilla anche grazie a quanto sta succedendo nella campagna presidenziale Usa». Il risultato è una luna di miele prolungata fra Trudeau e i canadesi, testimoniato da un 60% di gradimento personale per il Primo Ministro.
Un primo bilancio
Dopo un anno di governo è però tempo di un primo bilancio e la domanda sorge spontanea: è tutto oro il Trudeau che luccica? In prima battuta si può dire che la promessa generale fatta da Trudeau ai canadesi – cambiare l’atmosfera nel Paese e la percezione del Paese, epurando i tratti muscolari e rigidi dell’era Harper – è stata mantenuta. Il cambio di carattere della missione in Iraq – dal bombardamento all’addestramento – il ripristino di una legge sulla cittadinanza più favorevole agli immigrati e la centralità data alla questione indigena sono una svolta epocale rispetto al decennio precedente.
Il pareggio di bilancio
Anche la scelta in campo economico di accettare il deficit di bilancio rompe con l’ossessione che ha caratterizzato gli esecutivi conservatori: il pareggio a ogni costo. Il contemporaneo aumento delle tasse per i più abbienti sta permettendo a Trudeau di dar respiro alla classe media, quella che ha pagato in dosi più che proporzionali la crisi iniziata nel 2008. Ciò premesso, s’intravedono nell’azione di Trudeau i segni di quella realpolitik che fa capolino quando dalla campagna elettorale si passa al governo del giorno per giorno. Se da un lato c’è il rilancio del processo di riconciliazione con First Nations e Metis, dall’altro non si è ratificata la Dichiarazione Onu sui Diritti dei Popoli Indigeni, vista da molti in Canada come vaga e pericolosa. Se è vero che nel 2017 si inizierà a discutere di liberalizzare la cannabis, nel frattempo non si avrà la promessa depenalizzazione. C’è poi un impegno del Canada sulla riduzione dei gas serra (del 30% entro il 2030 rispetto al livello 2005) ma c’è anche l’approvazione del governo alla costruzione sulle coste del British Columbia di un porto per il trasporto di gas naturale – una decisione che ha fatto trasecolare più di un ambientalista.
Welfare e multiculturalità
Persino la rivincita della classe media è stata incompleta: alcune estensioni del welfare assicurate prima del voto sono state accantonate – complice il rallentamento dell’economia canadese per il calo del prezzo del petrolio. Infine c’è il multiculturalismo – creato 40 anni fa da Trudeau padre – che rimane il fiore all’occhiello del Canada ma che va aggiornato alla luce delle sfide del XXI secolo. «Il fatto è che Trudeau figlio» nota Antonio D’Alfonso, scrittore italo-canadese e attento osservatore della società canadese, «si trova a correre dietro a un Paese che cambia in modo repentino». Un Paese che importa diversità, che invecchia in fretta e con un’economia in costante mutazione. «Per fortuna - dice D’Alfonso - mi pare sia un buon corridore, capace di raggiungere gli obiettivi che si è dato».