La Stampa 31.10.16
I Pirati ammainano la bandiera
L’Islanda rimane ai conservatori
Al partito anti-establishment solo il 14,5%. Ma la leader: abbiamo triplicato i voti dal 2013
di Filippo Femia
Tutti
gli occhi, in Islanda, erano puntati sulle bandiere nere dei pirati. Il
partito anti sistema - fondato quattro anni fa da un gruppo di
anarchici e hacker - era in testa ai sondaggi con il 22%. Sognavano di
invadere il Parlamento più vecchio del mondo, combattere la corruzione
con la democrazia diretta via Web e sfidare le oligarchie della pesca.
Ma alla fine hanno raccolto il 14,5% in un’elezione stravinta dal
Partito dell’indipendenza (29%). Nessuna rivoluzione, dunque. Gli
islandesi hanno scelto la continuità, confermando la fiducia ai
conservatori al governo dal 2013. Premiati, probabilmente, dalle
promesse di abbassare le tasse.
La situazione uscita dalle urne,
però, è di grande incertezza. Né un’alleanza di centro-destra né la
coalizione tra pirati e altre formazioni di sinistra raggiungono i 32
seggi necessari per la maggioranza. Il dialogo dei prossimi giorni sarà
decisivo. Il presidente Gudni Johannesson non ha ancora incaricato il
partito di centro destra di creare un nuovo governo. «Ma è naturale che
formeremo noi il prossimo esecutivo», ha chiarito il leader degli
Indipendenti Bjarni Benediktsson, ministro delle Finanze e aspirante
premier.
L’ago della bilancia nei negoziati per la creazione di un
governo di coalizione sarà Viðreisn (Riforma), vera sorpresa del voto.
La formazione filo Ue, nata nel maggio scorso dalla scissione interna al
Partito dell’indipendenza dopo lo scontro sull’eventuale ingresso in
Europa, ha ottenuto 7 seggi. Il loro appoggio sarà decisivo.
Il
grande sconfitto è stato il Partito progressista, alleato degli
Indipendenti, punito dallo scandalo Panama Papers che ha travolto l’ex
premier Sigmundur Gunnlaugsson. I centristi hanno dimezzato i voti
conquistati nel 2013, perdendo 11 seggi. E il suo leader, Sigurdur
Johannsson, si è dimesso.
Per i pirati è arrivato un risultato
peggiore delle attese (in primavera avevano raggiunto il 43% nei
sondaggi): ora il governo si allontana. Ma Birgitta Jonsdottir,
fondatrice ed ex attivista di WikiLeaks, ha messo l’accento sul salto
triplo rispetto al 2013 e si è detta soddisfatta: «In tre anni abbiamo
triplicato i voti. I sondaggi interni ci davano tra il 10 e il 15%,
abbiamo centrato il risultato migliore». La delusione, però, è difficile
da nascondere. Specie tra i più giovani, che avevano incarnato l’ondata
di rabbia anti sistema dopo lo scandalo Panama Papers. Sui social
network qualcuno si è sfogato, parlando di rivoluzione mancata: «É
triste pensare che alcuni giovani votino i corrotti di sempre».
L’unica
certezza uscita dalle urne è che l’Althing sarà il Parlamento più rosa
d’Europa: quasi la metà dei parlamentari sarà formato da donne.
L’Islanda supera così il record di rappresentanza di Svezia e Finlandia.
Una magra consolazione in vista di una fase delicata di negoziati per
formare un governo.