lunedì 31 ottobre 2016

La Stampa 31.10.16
Il forte ritardo della manovra e le “liturgie” ai tempi di Prodi
di Carlo Bertini

Che tra Commissione e Governo vi siano tensioni sulla legge finanziaria è storia antica e anche stavolta la mitica «sessione di bilancio» non comincia con i migliori auspici. Ha destato sconcerto e forti proteste il ritardo con cui la manovra è stata consegnata alle Camere rispetto alla scadenza del 20 ottobre. Fornendo così lo spunto al presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia di raccontare uno spaccato di vita vissuta nel 2006 a Palazzo Chigi, da responsabile del dipartimento economico: quando a tenere le redini c’era la coppia Prodi-Padoa Schioppa. Un racconto sul filo della nostalgia per far capire quanto i tempi siano cambiati rispetto a dieci anni fa. Per Boccia, il ritardo di quest’anno dimostra che «loro hanno iniziato a scrivere la manovra solo dal 15 ottobre, il giorno dopo il consiglio dei ministri. E invece sarebbe opportuno chiuderla lo stesso giorno. Non si può chiedere ai cittadini di rispettare le scadenze se i primi a non farlo siamo noi».
Ebbene, a quanto pare, con Prodi e Padoa Schioppa la manovra che entrava il 15 ottobre nella sala del Consiglio era una sorta di reliquia che veniva distribuita cinque minuti prima a tutti i ministri. Poi si chiudevano le porte, il premier leggeva ogni comma e la seduta si chiudeva dopo dieci-dodici ore. Tutto quanto veniva detto dai ministri e votato, veniva scritto su un librone dal segretario generale: e quella reliquia veniva portata via per far quadrare tabelle e conti, metterci la ceralacca e mandarla al Quirinale. «Ora, capisco che siamo nell’era del digitale, ma è una garanzia per i cittadini che le cose scritte dagli uffici vengano licenziate dai vertici politici dello Stato, che dicono l’ultima parola». Ma il vero fattore di tensione tra Boccia e il governo, restato sotto traccia per giorni, sono le clausole di salvaguardia per aumentare le accise in caso di scarse entrate dalla misura sul contante. Perché le nuove regole del bilancio dello Stato, riforma scritta dallo stesso Boccia, approvata in luglio, vieta espressamente l’uso di clausole: qualora vi siano scostamenti, il ministro che ha sbagliato paga con i fondi del suo dicastero, oppure governo e parlamento decidono di rimodulare i tagli o aumentare le accise, ma senza automatismi. E quindi, anche per evitare frizioni in commissione, dopo aver fatto capolino nelle prime bozze, le clausole sull’aumento della benzina sono scomparse.