Repubblica 31.10.16
Il viaggio di Francesco e la cultura dell’incontro
L’impossibile con il Papa è diventato possibile
Cattolici e protestanti possono stare insieme a 500 anni dalla Riformadi Enzo Bianchi
Priore della Comunità monastica di Bose
CINQUE
 secoli sono passati da quel giorno in cui un monaco agostiniano affisse
 sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg il suo “manifesto” 
che chiedeva una riforma della vita e della dottrina allora dominante 
nella chiesa cattolica. Iniziava in quel giorno una “protesta” che aveva
 come fine il ritorno al vangelo: Martin Lutero — un uomo “morsicato” da
 Dio e assetato di una salvezza misericordiosa — scoperto che l’amore di
 Dio non deve mai essere meritato, diventò la voce possente, tesa a 
ridare il primato alla Scrittura, alla grazia-amore gratuito di Dio e a 
Cristo, Signore della sua chiesa.
Il bisogno di una riforma della 
vita della chiesa romana era da decenni avvertito con dolore e 
manifestato anche da alti rappresentanti della curia romana — quali i 
cardinali Chieregati, Pole e Contarini — oltre che da molti umanisti 
come Erasmo e altri testimoni presenti nelle diverse aree europee, 
tuttavia avevano sempre prevalso una sordità e una mancanza di volontà 
nel mutare atteggiamenti e costumi, soprattutto nella vita dei prelati e
 del clero.
E così, a poco a poco, accadde l’irreparabile: lo 
scisma della cristianità occidentale tra cattolici e protestanti, il 
dramma più lacerante nella storia della cristianità occidentale perché 
ben presto la chiesa cattolica si vide privata di molte membra nel Nord 
Europa. Lutero non prevedeva né voleva quella frattura, ma la sordità di
 Roma e soprattutto gli interessi della politica dei regnanti portarono 
in modo accelerato all’elaborazione di due vie cristiane diverse, non 
nella confessione battesimale trinitaria di Cristo Signore, ma nella 
forma della chiesa.
Sono passati cinque secoli e non possiamo 
tacere la tragedia, fatta non solo di scomuniche reciproche, ma anche di
 guerre, di roghi e di torture che manifestarono come quelle chiese, pur
 di difendere la propria verità, facessero ricorso a mezzi in 
contraddizione radicale con quel vangelo che ciascuna di esse professava
 di voler difendere e conservare puro. Cinque secoli di cammino percorso
 gli uni senza gli altri, con sviluppi teologici e anche violenze 
concrete gli uni contro gli altri, con concorrenza missionaria e 
permanente ostilità, sicché il cristianesimo in Occidente appare da 
allora irrimediabilmente lacerato.
Solo all’inizio del secolo 
scorso, a motivo degli ostacoli incontrati nella missione delle chiese 
nei Paesi coloniali, dovuti alla divisione, si è cominciato a percepirne
 lo scandalo. Da allora si è intrapreso un lungo cammino, accelerato per
 i cattolici dal concilio Vaticano II. E oggi, a che punto siamo nei 
rapporti tra i cattolici e i “protestanti”, cioè i cristiani nati dalla 
riforma e distinti in chiese e comunità ecclesiali? Va riconosciuto che 
papa Francesco, proprio nei confronti dei protestanti, ha segnato un 
atteggiamento nuovo anche rispetto alle proprie posizioni del passato, 
un atteggiamento peraltro non condiviso da una parte dei cattolici 
stessi. Non a caso la sua partecipazione alla “commemorazione” della 
riforma ha posto e pone dei problemi. Se infatti la celebrazione era 
prevista da anni nel mondo protestante ed è stata preparata anche da un 
documento redatto da una commissione teologica bilaterale cattolico- 
luterana che invita a passare “Dal conflitto alla comunione”, ci si è 
tuttavia interrogati fino allo scorso anno sulla possibilità e 
l’opportunità che anche la chiesa cattolica partecipasse a tale evento. È
 infatti pensiero consolidato nel mondo cattolico che i protestanti 
hanno abbandonato la chiesa cattolica per altre vie e che, di 
conseguenza, non hanno conservato la tradizione della chiesa universale.
 Si può festeggiare insieme un evento che è stato inimicizia tra 
fratelli, rottura, divisione, contraddizione alla volontà dell’unico 
Signore?
Ma papa Francesco, con la sua capacità di porre gesti 
profetici, ha manifestato la volontà di prendere parte oggi alla memoria
 celebrata a Lund in Svezia dove cinquant’anni fa iniziarono i dialoghi 
di riconciliazione tra chiesa luterana e chiesa cattolica. Alla sua 
audacia ha risposto l’altrettanto sofferta e coraggiosa decisione della 
Federazione luterana mondiale di accogliere l’inattesa richiesta e 
invitare formalmente il papa. E così l’apparentemente impossibile, con 
papa Francesco è diventato possibile: cattolici e protestanti possono 
stare insieme davanti al Signore, confessare la fede nella sua qualità 
di Risorto vivente e salvatore del mondo, ringraziarlo perché ha dato 
oggi ai suoi discepoli di comprendere insieme che il vangelo ha il 
primato nella vita di ogni cristiano e che la chiesa abbisogna sempre di
 essere riformata per essere il corpo di Cristo nella storia.
Le 
divisioni per ora permangono e paiono lontane dalla ricomposizione, 
anche perché nel frattempo cattolici e protestanti hanno elaborato 
aspettative e forme diverse dell’unità ricercata. Se molti protestanti 
pensano alla comunione tra le chiese come diversità che si accettano 
reciprocamente, la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa conservano 
dell’unità il concetto tradizionale: unità non solo nel battesimo, ma 
anche nella fede e nella celebrazione eucaristica, unità sinfonica 
plurale sì, ma compaginata dai vescovi successori degli apostoli e 
presieduta nella carità dal vescovo di Roma, successore di Pietro.
Oggi
 siamo tutti convinti che l’elemento decisivo resta il battesimo, la 
vita di fede conforme al vangelo: e questo lo possiamo affermare 
insieme. Le diffidenze reciproche ancora esistono e sono sovente 
alimentate ed espresse soprattutto dove e quando si accende un conflitto
 di etiche. Per molti aspetti, infatti, il fossato tra cattolici e 
protestanti si è fatto più profondo in questi anni, proprio sui temi 
della morale sessuale. Ma nell’approfondimento della fede ci sono stati 
passi significativi di profonda convergenza su alcune verità, come la 
giustificazione attraverso la fede, cioè il riconoscimento che Dio rende
 giusto il peccatore gratuitamente, per l’abbondanza del suo amore che 
non va mai meritato. Questo, unitamente alla forza dirompente 
dell’“ecumenismo del sangue”, cioè la testimonianza offerta dai martiri 
di ogni chiesa, ha reso possibile ciò che fino a pochi decenni fa pareva
 utopia: il volto di Dio testimoniato insieme dai cristiani risplende di
 luce evangelica, meno deformato dalle antiche rivalità tra confessioni 
contrapposte.
In ogni caso papa Francesco pratica testardamente la
 cultura dell’incontro, del dialogo, della vicinanza concreta all’altro e
 li rinnova ogni giorno in questo mondo sempre più segnato da scontri, 
distanze, innalzamenti di muri, esclusione del diverso.
 
