domenica 2 ottobre 2016

La Stampa 2.10.16
La sposa bambina
Per la Cassazione è violenza sessuale
di Ferdinando Camon

Una bambina di 15 anni, figlia di un uomo del Bangladesh residente in Italia da 30 anni, appena nata era stata promessa a un cugino che ha il doppio della sua età. Diventata grande, studentessa in una scuola in provincia di Padova, frequentava un coetaneo. Il padre, temendo che non si tenesse disponibile per il cugino, l’ha spedita in patria a sposarlo.
Il marito è venuto con lei in Italia, a consumare il matrimonio. La piccola si lamentava con tutti di questa violenza, e l’ha anche scritto in un compito. S’è aperto un processo. Il padre è stato condannato «per maltrattamenti», e col patteggiamento ha avuto un anno e dieci mesi. Ma la Corte di Cassazione di Roma non è d’accordo: ieri ha deciso che il padre e il marito vanno processati insieme «per violenza sessuale». È una decisione saggia.
Sono tante le ragazzine islamiche con cittadinanza italiana che frequentano le nostre scuole, e giunte alla terza media non s’iscrivono all’anno successivo. Che fine hanno fatto? Sono state rimandate in patria a sposare qualche uomo al quale erano state promesse o vendute. Ma se hanno la cittadinanza italiana, sono nostre sorelle, mie sorelle. E io non posso sopportare che mia sorella venga data in moglie, a 14 anni, a un parente o a uno sconosciuto, del quale non vuole saperne. È una pratica concepibile dove «l’uomo vale più della donna», che è un principio-cardine dell’Islam, ma è inammissibile per qualunque costituzione europea.
Sto dicendo che l’islamico capo-famiglia, che impone una pratica del genere, vìola pesantemente la nostra Costituzione, e non può avere la cittadinanza italiana. Se gli è stata data, è stato un errore. Se qua si comporta mantenendo una cultura contraria alla nostra Costituzione, andrebbe espulso.
L’idea che l’uomo vale più della donna, quando uno chiede la cittadinanza italiana, se la deve prima levar dalla testa. E così l’idea che il fedele vale più dell’infedele, che per loro significa che un islamico vale più di un cristiano. È vero, da noi ci sono nazionalisti e razzisti i quali la pensano in maniera diametralmente opposta, che un cristiano vale più di un islamico. Anche questa idea va contro la Costituzione.
Quando noi diciamo che l’Islam, per essere integrabile con noi, dev’essere moderato, intendiamo proprio questo: dev’essere compatibile con la nostra Costituzione. Il padre di questa bambina, ora ragazza, che nel 2013, all’età di 14 anni, fu data in moglie a un uomo molto più vecchio, dev’essere processato, dice la Cassazione, insieme col genero, per un crimine che, gira e rigira, si può chiamare soltanto «stupro»: il padre e il marito stanno stuprando questa bambina. Le quattordicenni rimandate in patria a sposare un trentenne-quarantenne sono vittime di «stupratori» che agiscono in gruppo: padre, madre, fratelli, marito.
«Ma un po’ alla volta la bambina si rassegna - dice l’avvocato difensore del marito -, e processare padre e marito significa riaprire la ferita». Che vuol dire? Che bisogna applicare il principio «chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto?». Ma è giustizia questa?