La Stampa 28.10.16
Il Vangelo prende polvere
L’80% degli italiani non lo legge
E meno del 50 per cento conosce il numero esatto degli evangelisti
di Domenico Agasso Jr
In
casa ce l’hanno. Sette italiani su dieci, diffusione da best seller. Il
punto è che il Vangelo giace «dimenticato» in qualche vecchio armadio,
magari in soffitta, o in cantina, con le pagine impolverate. Sembra
infatti che le persone si accontentino di un vago ricordo dal catechismo
frequentato da bambini, di considerare il testo sacro un «emblema»
della nostra cultura, di tenerlo come oggetto da conservare. E basta.
Perché l’80% dichiara di leggerlo «mai o quasi mai». E poco meno di uno
su due non sa neanche quanti siano gli evangelisti. Tragedia per la
nostra tradizione cattolica? Non del tutto, perché c’è il dato in
controtendenza dei giovani: la metà di chi ce l’ha, lo legge.
Dice
tutto questo la ricerca del Censis «Il Vangelo secondo gli italiani»,
sulla reale conoscenza delle Sacre Scritture (700 le persone
intervistate). L’indagine è stata promossa dalla casa editrice Utet
Grandi Opere per il lancio dei «Vangeli nella cultura e nell’arte»,
edizione che contiene saggi di monsignor Bruno Forte, Piero Boitani e
monsignor Timothy Verdon.
Beninteso: il Vangelo è un testo amato, a
cui gli italiani riconoscono un valore universale. Solo uno su cinque
infatti si sente indifferente rispetto ai Testi Sacri. Anzi: per il
31,8% è uno dei pilastri della cultura occidentale. Poi appunto sette su
dieci - il 69,1% - ce l’ha, ma probabilmente molti solo perché ricevuto
in occasioni come la prima comunione. Sono soprattutto i giovani tra i
18 e 24 anni.
È rispettato, nel senso che non viene buttato via
nelle pulizie di primavera, e neanche in caso di trasloco, però non lo
si apre: tra coloro che ne hanno una copia, solo l’11% lo legge spesso,
mentre il 37,2% a volte. Il 51,8% di coloro che lo possiede non lo
consulta.
E se si somma il dato di coloro che ce l’hanno ma non lo
leggono con quello di chi non lo possiede e che quindi verosimilmente
non lo sfoglia, allora il 66% degli italiani dichiara di non leggere mai
il Vangelo, l’80% se si considera anche la risposta «raramente».
Solo
un cittadino su cinque sa citare a memoria un passo. La frase più
evocata è «Beati i poveri in spirito», seguita dal comandamento «ama il
prossimo tuo come te stesso». Addirittura un terzo di chi va a messa non
sa citare un brano.
La memoria per immagini è più «incoraggiante»
per la Chiesa: il 63% afferma di ricordarne almeno una che non sia la
crocifissione (troppo facile); la scena dell’ultima cena è quella
rimasta più impressa, poi il presepe.
L’86% ricorda almeno un nome di un evangelista, ma il 46% degli italiani non sa quanti siano (a proposito, sono quattro).
Nonostante
questi dati, il legame italiani-Vangelo resta forte dal punto di vista
simbolico e sentimentale: il 48% afferma che è una parte essenziale del
nostro patrimonio culturale, il 30,9% si sente toccato nei sentimenti e
solo il 6,7% lo percepisce distante. E, a prescindere dalla fede, più di
sei su dieci ritengono che i valori evangelici siano universali.
Poi,
c’è la sorpresa giovani. I ragazzi dimostrano maggiore confidenza con
il Vangelo delle persone di mezza età, un livello di attenzione che si
avvicina a quello degli anziani: il 70% ne possiede una copia, contro il
65% della generazione di mezzo, e quasi il 50% che ne ha una copia la
legge, anche se non spesso, contro il 43% dei 30-50enni.
Infine,
domanda trabocchetto: l’Ave Maria è contenuta nel Vangelo? Almeno
questo, gli italiani lo sanno (per sicurezza: la risposta giusta è no).