venerdì 28 ottobre 2016

La Stampa 28.10.16
A Gorino il cartello choc del parroco
“Profughi, tornate nel vostro Califfato”
Dopo le barricate dei cittadini scoppia una nuova polemica per l'avviso affisso sulla chiesa e poi rimosso dalle autorità
di Franco Giubilei

La posizione sui musulmani del parroco di Gorino, il paesello sul Delta che ha fatto le barricate contro l’arrivo di dodici ragazze africane, stava affissa già da più di un anno sulla bacheca fuori dalla chiesa: «Visto che noi siamo, per voi, infedeli: ma perché non ve ne andate nel vostro Califfato di Iraq con il santo Califfo Al Baghdadi, il quale vive di armi e uccide a tutto spiano coloro che non sono sunniti?». Ieri poi don Paolo Paccagnella ha detto la sua sulle profughe respinte dai suoi compaesani, e lo ha fatto con estrema franchezza: «È il modo di gestire i profughi questo qua? La gente dev’essere preparata. I profughi hanno la loro dignità e noi dobbiamo rispettarla, invece viene infranta da voi, che siete perbenisti», ha risposto don Paolo Paccagnella al sito fanpage.it dopo che la scritta aveva cominciato a far discutere.
Il cartello è stato poi rimosso dalle forze dell’ordine. Nel batti e ribatti con fanpage, è saltato fuori il Papa e la sua filosofia di accoglienza, ma il parroco non è arretrato di un centimetro: «Papa Francesco risponde di se stesso come lei e come me. Sono io che devo rispondere davanti a Dio». Per la gente di Gorino scesa in strada l’altra sera, nessuna condanna: «Io non condanno nessuno! Non sono mica chiamato a condannare ma a curare e a correggere. La manifestazione d’odio l’avete fatta voi, la colpa è vostra». Quanto all’eventualità di accogliere i profughi nella sua chiesa, ha respinto al mittente: «Li deve accogliere lei a casa sua, prima di tutto». Se bussassero in parrocchia dunque, «farei quello che fa ogni persona». Cosa farebbe ogni persona non ha specificato, certo non pare intenzionato a seguire gli appelli ufficiali del Papa ad aprire le porte ai migranti.
Siano stati i contenuti, siano stati i toni ruvidi, sia stata la delicatezza di una vicenda spinosissima esplosa con tanto clamore, l’arcidiocesi di Ferrara è intervenuta: «Circa le dichiarazioni telefoniche si è proceduto a contattare il parroco di Gorino per i doverosi chiarimenti. Si coglie l’occasione per ribadire che la posizione dell’Arcidiocesi è da sempre, ed esclusivamente, quella espressa nel comunicato di martedì scorso», in cui la curia ferrarese aveva definito quella di Gorino una notte che ripugna alla coscienza cristiana. Per il resto della giornata e fino a sera, il prete ha staccato il telefono. Don Paolo, parroco da 25 anni in questa frazioncina di poche centinaia di persone sul Delta del Po, nel cartello sull’Islam all’origine di tutta questa attenzione su di lui, ha fatto disegnare un simbolo arabo: «Rappresenta la N araba e significa Nazzareno, termine con cui il Corano indica i seguaci di Gesù di Nazareth. Questo segno è stato posto sulle case dei cristiani del califfato di Iraq, i quali sono stati costretti ad andarsene di casa, sono stati uccisi, costretti a cambiar fede, le donne rese schiave, vendute, stuprate e violentate da quegli assassini. Noi siamo orgogliosamente dei Nassarah». Su questo punto, con l’Arcidiocesi c’è piena consonanza: «Riguardo all’esposizione della lettera N in arabo si ricorda che da anni se ne può vedere una, in formato molto più grande, sul portone centrale dell’Arcivescovado di Ferrara. Esprime solidarietà ai cristiani perseguitati in Iraq e disapprovazione per chi li perseguita».