La Stampa 26.10.16
Clinton e Trump uniti solo dal protezionismo
Su
 tasse, occupazione e debito pubblico i programmi sono agli antipodi Ma 
sul rifiuto del commercio internazionale fra i due c’è sintonia
di Francesco Guerrera
«In
 America, nessuno vota per diventare più povero». Al primo ascolto, le 
parole di un vecchio consigliere economico di Bill Clinton mi parvero 
una tautologia. È ovvio, no? E mica solo in America, scusi. Ma in quella
 frase apparentemente banale è racchiuso il Sogno Americano e la formula
 magica per il successo nelle presidenziali di novembre. Quel vecchio 
marpione della politica voleva dire che i candidati devono presentare 
piani economici di sgargiante ottimismo, promettendo alla gente che le 
condizioni finanziarie miglioreranno, che il lavoro sodo verrà 
remunerato e che, un giorno, forse, magari, potranno anche loro sedersi 
al Pantheon dei miliardari d’America.
Hillary Clinton e Donald 
Trump non fanno eccezione. In un’ elezione che è, per tanti motivi, sui 
generis, i piani economici dei due pretendenti al trono di Obama 
rispettano le regole immortali della politica americana: ottimismo con 
un pizzico d’ideologia. Promesse realistiche anche se non reali. E 
parole melliflue per non alienare le classi medie.
La differenza 
tra la visione economica della veterana della politica e l’uomo d’affari
 un po’ scarcassato (con quattro bancarotte sul groppone) è nei 
contenuti. Ed è anche questo un piacevolissimo diversivo in una campagna
 elettorale sospesa tra il frivolo (il «muro» con il Messico, le 
«sniffate» di Trump durante i dibattiti) e il tragico (le accuse di 
molestie sessuali a Trump, gli attacchi alla democrazia e al giornalismo
 dei suoi fan, le email di Wikileaks.)
E i contenuti sono molto 
diversi. Hillary Clinton si presenta come una democratica «classica», 
promettendo di tassare i ricchi (portando l’aliquota per chi guadagna 
più di 5 milioni a quasi il 44%), di aumentare la spesa pubblica su 
autostrade, aeroporti e scuole e di non toccare lo stato sociale, o quel
 poco che rimane dello stato sociale Usa.
Trump, be’ Trump è 
diverso, anche perchè non si sa bene se credergli o no. Sulla 
tassazione, sembra un repubblicano classico. Il presidente Trump 
taglierebbe l’aliquota sulle aziende dal 35% al 15%, e tasserebbe gli 
americani più ricchi meno, al 33% invece del 39,6% attuale. E per 
aiutare chi i soldi già li ha, il Donald abolirebbe anche la tassa sulle
 eredità. Il problema del piano di Trump è che porterebbe a una 
riduzione nelle entrate federali di circa 5 triliardi nei prossimi dieci
 anni, un «buco» inaccettabile viste le condizioni già precarie del 
budget dello Zio Sam. Un baratro che né Trump né i suoi guru economici 
sembrano sapere come colmare.
Hillary, dal canto suo, si ispira ai
 grandi presidenti «spendaccioni» del passato, da Franklin Delano 
Roosevelt del New Deal a Dwight Eisenhower che creò l’intricatissima 
rete autostradale degli Usa. «Proporrò un piano di spesa ancora più 
ambizioso di quello di Eisenhower», ha promesso la candidata. I suoi 
esperti dicono che si tratterà di circa 275 miliardi per le 
infrastrutture-chiave del Paese. E arriverà prestissimo se Hillary vince
 l’8 novembre: nei primi 100 giorni della sua presidenza.
Su un 
punto entrambi i candidati sono d’accordo, ed è forse l’unica cosa su 
cui concordano: entrambi odiano il commercio internazionale. Trump in 
questo, ha rotto con la tradizione del suo partito, che è sempre stato a
 favore del commercio estero perchè aiuta le aziende esportatrici. Per 
Hillary, la posizione è più ortodossa, viste le tendenze 
protezionistiche dei sindacati che appoggiano il partito democratico. A 
prescindere dall’identità del nuovo presidente, l’Europa e gli altri 
partner commerciali storici degli Usa dovranno prepararsi a un periodo 
più difficile in cui la grande superpotenza guarda a se stessa più che 
al resto del mondo.
Per il resto, però, gli elettori americani 
hanno una scelta chiara tra due visioni opposte sia del presente che del
 futuro dell’economia Usa. In America, nessuno vota per diventare più 
povero ma l’8 novembre, i cittadini statunitensi dovranno scegliere tra 
due diverse promesse per diventare più ricchi. A voi.
* Francesco Guerrera è il condirettore di Politico Europe
e caporedattore finanziario
 
