La Stampa 25.10.16
Renzi non vuole la rottura e tratta ancora con Bruxelles
Ci saranno modifiche
La legge di bilancio slitta, aumentano i tagli alla spesa Palazzo Chigi all’Ue: ci sarà tempo fino a dicembre
di Alessandro Barbera
Ormai
da tre giorni Matteo Renzi ripete ossessivamente la stessa frase: «La
manovra non cambia». Poiché il testo della legge di bilancio per il 2017
non è ancora disponibile, può ripeterlo senza rischio di smentita.
Niccolò Machiavelli diceva che il buon politico deve avere l’abilità di
simulare e dissimulare. L’ultima dichiarazione pubblica del premier
aggiunge un dettaglio decisivo e conferma che la lezione del conterraneo
fiorentino è sempre attuale: «La manovra non cambia...per i cittadini».
Lo scambio di lettere fra il governo e la Commissione Ue è solo la
punta visibile di una trattativa difficile, a tratti aspra, ma mai
interrotta. Sotto il pelo dell’acqua il testo sta cambiando eccome.
Prendiamo
il decreto fiscale pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale. La sua prima
stesura prevedeva una sanatoria sui contanti con l’aliquota secca al 35
per cento. Renzi ha fatto sapere di aver deciso in piena solitudine,
dopo aver valutato pro e contro del provvedimento. Eppure è noto che per
la Commissione si trattava di una pessima idea, e non solo perché
avrebbe potuto permettere la regolarizzazione di capitali sospetti. Si
trattava di una delle molte una tantum che rendono incerte le entrate di
una manovra che spinge il deficit poco sopra il limite considerato
invalicabile. In quel decreto sono viceversa spuntate coperture
piuttosto certe: 417 milioni di tagli lineari alle spese correnti di
tutti i ministeri, in gran parte a carico di Tesoro e Infrastrutture.
Al
di là di quello 0,1 per cento in più di deficit rispetto a quanto
concordato, l’obiezione principale della Commissione ha a che fare
proprio con la qualità delle coperture necessarie a finanziare ciò che
della manovra non è disavanzo. Il governo chiede di farlo per dodici
miliardi, gli altri quindici sarebbero reperiti fra tagli alla spesa e
nuove entrate. Ma circa la metà di queste sono voci per l’appunto una
tantum: spese certe per entrate incerte. Un’equazione che Bruxelles non
ha mai accettato. Ai tempi di Berlusconi e Tremonti una delle voci
preferite per far tornare i conti era “proventi da lotta all’evasione”.
Sulla carta si poteva scrivere qualunque cifra, altro era trasformare
quelle promesse in impegni concreti. Nel frattempo le regole contabili
europee si sono affinate, ed è sempre più difficile per la Commissione
accettare cifre aleatorie.
È su questo che si stanno concentrando
le trattative fra il ministro Padoan e i due vigili europei dei conti
pubblici, il commissario francese agli Affari monetari Moscovici e il
vicepresidente lettone Dombrovskis. Fonti di governo raccontano che
nelle ultime ore il pressing di Bruxelles serve a convincere il governo
ad aumentare il valore complessivo dei tagli alla spesa, o quantomeno
delle entrate certe. È per questo che il testo definitivo del disegno di
legge, già in ritardo di quattro giorni, ancora ieri veniva definito in
alto mare. In Commissione Bilancio sono convinti che non sarà
depositato prima di mercoledì. Del resto non è detto che il governo ceda
subito alle richieste europee, anzi. «Il tempo per le correzioni c’è
fino all’ultimo giorno del percorso di approvazione parlamentare», dice
una fonte del Tesoro. Come era prevedibile, e come racconta la storia
delle due ultime leggi di bilancio, il tiro alla fune fra governo e
Commissione durerà almeno fino al 4 dicembre, giorno del referendum
costituzionale. Da quel momento la corda si allungherà su uno dei
confini: su quello italiano in caso di vittoria del sì, su quello della
Commissione se prevarrà il no. Nella scommessa elettorale di un Renzi
sempre più antieuropeo c’è anche questo: dare ai cittadini la sensazione
di votare non solo per il sì alla riforma e alla sua permanenza a
Palazzo Chigi, ma anche per ottenere un’Europa più docile agli interessi
nazionali. L’incertezza della Commissione Juncker - che ieri sera non
aveva ancora spedito la lettera di richiamo all’Italia - è tutta
politica: qualunque forzatura è solo benzina per la campagna renziana.