La Stampa 25.10.16
“Uccise e fece sparire Guerrina”
Ventisette anni a padre Graziano
di Maria Vittoria Giannotti
Ci
sono volute sei ore di camera di consiglio. Ma poco dopo le venti la
Corte di assise di Arezzo è uscita con il suo verdetto: padre Gratien
Alabi, 50 anni, è stato condannato a 27 anni di reclusione per
l’omicidio di Guerrina Piscaglia, la casalinga aretina 45enne scomparsa
misteriosamente il primo maggio di due anni fa da Ca’ Raffaello,
minuscola frazione di Badia Prataglia, nell’Aretino, al confine con le
Marche e l’Emilia Romagna.
Nonostante le ricerche, il corpo della
donna, sposata e con un figlio disabile, non è stato mai trovato. Quella
di ieri è stata una giornata convulsa, l’ultima di un processo che ha
tenuto con il fiato sospeso un paese intero, alle prese con un giallo –
quello della scomparsa della donna – che ha portato allo scoperto
pesanti ombre sui costumi del sacerdote, originario del Congo. Padre
Graziano e Guerrina si conoscevano bene e si frequentavano da almeno un
anno: a dimostrarlo sono le centinaia di messaggi che i due si sono
scambiati nell’anno precedente alla scomparsa della casalinga.
Un’amicizia che aveva finito per attrarre l’attenzione dei compaesani. I
pettegolezzi sulla condotta, non propriamente irreprensibile, del
religioso congolese erano stati inoltre oggetto di una lettera anonima
finita sui tavoli della Curia. Secondo gli inquirenti, i due avevano
avuto un appuntamento in canonica proprio il primo maggio, giorno in cui
della donna si erano perse le tracce. Ma gli investigatori sono
convinti che l’omicidio, se davvero c’è stato, sia avvenuto fuori dalla
canonica: tra le ipotesi avanzate sulla modalità del delitto, lo
strangolamento.
Il telefono della donna non è mai stato trovato,
ma da quel numero, dieci giorni dopo la scomparsa, partì un sms diretto a
un sacerdote nigeriano che la donna non conosceva, ma l’accusato sì. In
quel messaggio, in un italiano sgrammaticato, la donna annunciava di
essere fuggita con l’amante perché stanca del marito. Ma proprio quelle
parole sarebbero, secondo gli inquirenti, la prova che il delitto è
stato commesso da padre Graziano e che questi ha tentato di depistare le
indagini. Dopo essere finito nel mirino degli investigatori, il
sacerdote aveva evocato la figura di zio Francesco, in fuga con la
donna, figura che l’accusa ha definito fantomatica.
«Voi dovete
scegliere fra la scienza e il nulla»: è questo l’appello che il pm Marco
Dioni ha rivolto ai giudici prima della camera di consiglio, bollando
come fumose le obiezioni avanzate dalla difesa. Secondo gli inquirenti,
la donna non si sarebbe mai allontanata dal paese in cui viveva: lo
dimostrano i tabulati telefonici. Una ricostruzione, questa, che la
difesa ha tentato di affossare, attraverso le testimonianze di due
persone che avevano visto la donna il giorno dopo la scomparsa, ma che
evidentemente non sono state ritenute attendibili. Padre Gratien,
presente in aula al momento della sentenza, è rimasto impietrito. Più
volte, nei giorni scorsi, si era definito «sereno».