Repubblica 24.10.16
Nuovo Mao o mister Xi il potere è suo
La sfida di Xi Jinping alla vecchia guardia ora il nuovo Mao vuole il potere infinito
di Angelo Aquaro
Il leader
Il potere di Xi Jinping
Presidente della
Repubblica popolare cinese dal 2012. Come Segretario del partito, lo ha
trasformato così: POTERE MILITARE Oltre al controllo della commissione
militare, ha istituito e presiede quella per la sicurezza nazionale
ESTABLISHMENT Politburo ridotto da 9 a 7 membri. In nome della lotta
alla corruzione, Xi ha attuato un repulisti nei vertici del PCC
PECHINO
CHIAMATELO Xi Factor. Xi Jinping, il presidente della Repubblica
Popolare e segretario generale del Partito comunista, vuole governare in
eterno o giù di lì: come Mao Zedong.
È vero, Xi ha già in canna
la rielezione a presidente dell’anno prossimo, e la Costituzione vieta
un terzo mandato: ma il nuovo Mao guarda già oltre. L’erede del Grande
Timoniere sta cercando di restare appunto al timone facendosi rieleggere
per la terza volta alla testa del partito. Che in realtà è il ruolo più
potente della Cina: più ancora dell’onorifico presidente. E la sfida
parte proprio oggi, 24 ottobre, apertura del sesto plenum. A rompere gli
indugi è stato il mensile del Quotidiano del Popolo: il partito avrebbe
bisogno davvero di un nuovo Mao e il segretario-presidente ha tutte le
qualità per farlo, anzi dovremmo ormai deciderci a considerarlo «il
pilastro della nostra leadership».
Siamo già al culto della
personalità? Non è l’unico segnale. Nella celebrazione per gli 80 anni
della Lunga Marcia, festeggiata l’altro ieri in tv perfino durante il
The Voice cinese, cominciato con lo sventolio di bandiere rosse, il
comandante Xi l’ha detto chiaro e tondo: «Anche oggi ci aspetta una
Lunga Marcia: per rafforzare la disciplina e la leadership del partito» –
cioè lui stesso. È un piano perfetto: e semplicissimo. Mister Xi, l’ex
ragazzo che si vide estromesso dal partito perché figlio di un dirigente
travolto dalla Rivoluzione Culturale, oggi vuole solo prendere tempo:
per uscire dal congresso del prossimo anno senza veri eredi, tenendo
dunque aperta la porta per la terza consacrazione.
E qui ci
starebbe un brevissimo riassunto di catechismo per i non adepti. Dunque,
negli equilibrismi cardinalizi dell’ultima grande chiesa comunista, il
plenum che apre oggi è la cappella dove gli sfidanti rivelano i voti che
porteranno al conclave dell’anno prossimo, che come da tradizione
consacrerà il secondo mandato del papa laico: nessun leader dopo Mao ha
governato meno di due turni, 10 anni in tutto, è sempre andata così. Ma
secondo le regole della curia rossa, il congresso dovrebbe anche
individuare un successore, nel segno della continuità e della stabilità
della chiesa-partito. Ecco: è proprio questo – far emergere un volto
nuovo – che Xi non vuole. Ma che cosa lo spinge, oltre alla sete di
potere? E soprattutto: che speranze concrete ha?
«Il momento è
adesso», dice al Financial Times Bo Zhiyue, esperto di politica cinese
alla Victoria University di Wellington. Anche perché dopo potrebbe
essere già tardi. Sì, Xi è più forte che mai: ma il Paese? Gli americani
si permettono di fargli passare la Settima flotta sotto il naso, Hong
Kong sta per scegliere il primo leader eletto da un parlamentino dove
gli anti- Pechino vanno a mille. Poi, certo, c’è sempre la Corea del
Nord che gioca con l’atomica, e dal Tibet allo Xinjiang i focolai delle
minoranze rischiano di trasformarsi in incendio inestinguibile. E per
quanto ancora la Grande Muraglia della censura web riuscirà a isolare la
Cina dal mondo?
Ma è soprattutto l’economia a preoccupare, con la
crescita del Pil inchiodata al 6.5%. Insomma, il lavoro è appena
cominciato: e ha bisogno di una strategia di lungo corso. Del resto non
lo diceva proprio Mao Zedong? «Grande è il caso sotto il cielo: quindi
la situazione è favorevole».
La situazione a lui favorevole il
nuovo Mao l’aveva già costruita sbandierando la campagna
anti-corruzione, celebrata questa settimana perfino da un serial tv, che
gli aveva permesso di liberarsi dei suoi nemici più pericolosi, in
testa l’ex astro Bo Xilai, finito in prigione.
Ma per una
straordinaria coincidenza, l’uomo che presiede tutti i comitati che
contano e per questo è soprannominato “il Presidente di Tutto”, si
ritrova oggi nell’inedita posizione di chi può ridisegnarsi un gruppo
dirigente a sua immagine e somiglianza.
La magia si chiama “
qishang baxia”, che tradotto sarebbe “7 dentro, 8 fuori”, ed è un’altra
delle regole non scritte secondo cui nel Politburo, il parlamentino
comunista, e soprattutto nel Comitato permanente, cioè nel
sancta
sanctorum composto da soli 7 potentissimi, chi ha 67 anni o meno può
restare, chi 68 deve scendere dall’altare. Ora, l’anno prossimo ben 5
cardinaloni sloggeranno. E indovinate chi sono gli unici due a non
andare in pensione? Lui, Xi Jinping, 63 anni. E poi Li Keqiang, 61,
l’attuale premier che in realtà era – e un po’ è rimasto – suo rivale.
Come
finirà? L’ha detto lo stesso Xi in una delle sue rarissime interviste:
«Non è facile governare un Paese come questo. Devi riuscire a guardarlo
da una certa altezza e nello stesso tempo a tenere i piedi ben piantati
per terra».
Chiamatelo Xi Factor: vedremo da oggi se l’uomo più
potente dai tempi di Mao sta davvero salendo sempre più alto, i piedi
sempre meglio piantati sulla sua Cina.
I segnali di un culto della personalità alimentato da tv e giornali ci sono già tutti