La Stampa 22.10.16
Un boomerang sul referendum
E il premier decide di cambiare
Pressing del Pd: “È una misura inefficace”
di A. Barbera, C.Bertini
Una
norma sostanzialmente inefficace e un boomerang sulla campagna
elettorale per il referendum: sono queste le ragioni che hanno spinto
Matteo Renzi a rinunciare all’idea di un’imposta forfettaria per far
emergere il contante che gli italiani tengono sotto il materasso. Una
scelta maturata dopo aver raccolto da più parti pareri contrari a tutti i
livelli, nella maggioranza, nell’amministrazione fiscale, tra i suoi
stessi consiglieri, fino ad arrivare nelle stanze della Commissione
europea a Bruxelles.
Un pressing che ha convinto il premier a
tornare all’ipotesi di partenza, ovvero alla possibilità di
regolarizzare le somme come già previsto dalle norme della prima
operazione di emersione dei capitali, meglio nota come «voluntary
disclosure». Sin dall’inizio le critiche si sono concentrate sulla
soglia di tassazione, ritenuta troppo alta per poter produrre effetti di
cassa rilevanti. «Che senso avrebbe avuto un’aliquota unica del 35 per
cento? La verità è che nessuno avrebbe trovato conveniente aderire alla
sanatoria», ammette una fonte di governo sotto stretto anonimato. I
tecnici in un primo momento avevano fissato quella soglia così alta
proprio per non dare l’impressione che fosse un condono. Ma proprio per
lo stesso motivo - l’asticella posta a una quota non conveniente per i
contribuenti - è apparsa chiara la sua probabile inefficacia. «Se una
persona ha per caso 20 mila euro in casa e per poterli spendere deve
darne allo Stato il 35 per cento, alla fine non lo fa», è stata la
considerazione ricorrente che ha tagliato la testa al toro, riferita da
uno dei tecnici delle Finanze. In buona sostanza - questa la valutazione
emersa ai vertici dell'amministrazione - si sarebbe rivelata
un’operazione conveniente solo per gli italiani residenti all’estero e
in possesso di forti somme di denaro contante. O peggio per
insospettabili prestanome di organizzazioni malavitose.
Non solo:
Renzi avrebbe subito forti critiche con ricadute sulla campagna
elettorale dando il suo placet a «un’operazione inutile e rischiosa»,
come la definisce un sottosegretario. Per giunta, la minoranza interna
al Pd con Bersani, l’aveva già ribattezzata la «norma Corona». Roberto
Speranza era stato durissimo: «Se conservi sotto il materasso qualche
milione di euro ottenuto non si sa come e senza dichiarare un centesimo
lo Stato non può chiudere un occhio».
Insomma il gioco non valeva la candela. E il premier l’ha cancellata.