La Stampa 20.10.16
Invisibili e senzatetto
In aumento gli italiani curati da Emergency
L’ong a dieci anni dal primo ambulatorio nel nostro Paese “All’inizio solo migranti, oggi aiutiamo anche connazionali”
di Alberto Mattioli
Non
solo guerre, epidemie e carestie. La nuova frontiera dell’emergenza è
l’Italia. Emergency lancia una raccolta di fondi (fino al 17 aprile,
donazioni via sms o chiamata al 45565) per il suo Programma Italia.
Sorpresa generale: l’ong di Gino Strada chiede aiuto per intervenire in
Italia dove 11 milioni di persone, stranieri ma anche italiani, non
hanno accesso alle cure. Una su sei, secondo il Censis.
Sorpresa
in realtà ingiustificata, perché Emergency lavora «in casa» già da dieci
anni. Iniziò con il Poliambulatorio aperto a Palermo nel 2006 per
garantire l’assistenza sanitaria ai migranti. Poi sono venute le
strutture di Marghera, Napoli, Castel Volturno, Brescia, Polistena,
Bologna, Sassari e i centri di accoglienza della Sicilia. E Milano, la
ricca, civile, moderna Milano, motore del Paese? Qui dall’agosto 2015
funziona un ambulatorio mobile. Era stato pensato per gli immigrati, ma
con il tempo si è scoperto che gli si rivolgevano anche gli italiani.
L’ambulatorio
gira per la aree più disagiate della metropoli (Lorenteggio, piazza
Prealpi, la Centrale, San Siro) con una media di 40 prestazioni al
giorno. Nella classifica degli assistiti per nazionalità, gli italiani
sono quarti dopo egiziani, marocchini e romeni. Adesso servono un altro
ambulatorio mobile e un centro di orientamento sociosanitario, per
spiegare a gente tagliata fuori anche dall’informazione a chi
rivolgersi. «Ci sono prestazioni che possono essere già fatte da noi,
come misurare la pressione o la glicemia o le iniezioni - spiega la
presidentessa Cecilia Strada, figlia di Gino -. Per altre è invece
necessario approfondire, orientando il paziente e accompagnandolo
fisicamente alle visite».
«Gli italiani? Con la crisi, sono in
continuo aumento», constata Marta Carraro, responsabile del
Poliambulatorio di Marghera aperto nel ’15, con quattro mediatori e due
assistenti alla poltrona stipendiati e circa 150 volontari fra medici,
infermieri e odontoiatri che si organizzano per i turni, «adesso abbiamo
un dentista che è venuto apposta da Palermo a passare tutta la
settimana qui».
Gli italiani assistiti da Emergency sono divisi in
due categorie. Nella prima ci sono i quelli che la tessera sanitaria
l’hanno ma che sono in situazione «di fragilità economica», come la
chiama Carraro. Il loro Indicatore della Situazione Economica inferiore
agli 8.500 euro l’anno li rende, secondo i parametri della Regione
Veneto, «vulnerabili». «A loro procuriamo gratuitamente gli occhiali,
che il Ssn non passa, e la dentiera, che il Ssn passa ma facendosi
rimborsare il costo del materiale, almeno 700 euro». Poi c’è la seconda
categoria, quella cui vengono offerte tutte le prestazioni. Sono quelli
che non sono coperti dal Ssn perché non hanno più la residenza, e magari
vivono in strada.
Le storie sono terribili, da romanzo di
Steinbeck. C’è il mastro vetraio che ha dovuto chiudere l’attività che
la famiglia aveva da generazioni, che ha trovato un altro lavoro, che
l’ha perduto perché la fabbrichetta ha chiuso e che da allora non ha più
lavorato. C’è il 35enne gravemente cardiopatico che ha perso i genitori
e il fratello, non poteva più pagare l’affitto, «e dopo tre anni che
era per la strada siamo finalmente riusciti a fargli assegnare una
residenza fittizia dal Comune di Venezia, così almeno ha la tessera e
può ricorrere ai servizi sociali». Ci sono i divorziati sbattuti fuori
di casa, ma che non possono permettersi di pagare un affitto perché nel
frattempo magari hanno perso il posto. È un popolo di invisibili, gente
che aveva un lavoro, una famiglia, una casa, poi ha perso tutto ed è
sparita per la burocrazia, quindi non compare neanche nelle statistiche.
«Spesso si vergognano, non vogliono che contattiamo i famigliari, non
vogliono che si sappia. È terribile, perché capisci che può davvero
capitare a chiunque».
I costi, non solo sociali, sono altissimi.
Spiega Carraro: «Noi non vogliamo sostituirci al Ssn, ma aiutare la
gente ad accedervi. Anche perché la situazione sanitaria di chi è senza
cure ovviamente peggiora e alla fine spesso l’unica possibilità è il
pronto soccorso. Quindi alla fine il danno è doppio: sta peggio il
malato e curarlo costa di più».