La Stampa 20.10.16
Il contraddittorio balletto sulle cifre dei disoccupati
Il conteggio dei voucher falsa le statistiche e i dati sul lavoro
di Linda Laura Sabbadini
Assunzioni
e dimissioni in calo, licenziamenti e voucher in crescita: sui dati
Inps c’è un allarme generale ma la mia opinione è che in questo momento
abbiamo tutti bisogno di più analisi e di meno allarmismo. Cerchiamo di
fare chiarezza. I voucher sono effettivamente cresciuti molto.
Sono
passati da 15 milioni nel 2011 a 115 milioni nel 2015 e a 96,6 milioni
nei primi 8 mesi del 2016. Il numero di persone che ha utilizzato i
voucher è stato 1 milione 400 mila nel 2015, con un numero di voucher
medio di 60 e un reddito medio da voucher inferiore a 500 euro netti
nell’anno. Ebbene, se queste persone avessero lavorato solo il numero di
ore registrate dai voucher, avremmo dovuto trovarne un riscontro nei
dati Istat, attraverso una percentuale più alta del passato di occupati
che lavorano poche ore. Invece non è successo. Nonostante diminuisca il
numero complessivo di ore lavorate rispetto a inizio crisi, la
percentuale di occupati che lavorano poche ore nella settimana è rimasta
stabile. Sono infatti l’1,6% quelli che lavorano fino a 8 ore e il 3,7%
da 9 a 16 ore. Come si concilia questo dato con il «boom dei voucher»
di cui tanto si è parlato? I voucher, probabilmente, sono andati a
coprire, per una parte importante, una porzione di lavoro sommerso di
lavoratori che, nella rilevazione Istat, venivano intercettati con il
loro effettivo numero di ore lavorate e sono regolarizzati solo per una
minima parte di queste.
Il dato dell’Istat quindi, potrebbe
confermare l’ipotesi, riportata dalla interessante ricerca dell’Inps e
di Veneto Lavoro sui voucher, secondo la quale assistiamo a una
«regolarizzazione minuscola (parzialissima) in grado di occultare la
parte più consistente di attività in nero». Una porzione di lavori di
poche ore e a basso reddito ci sarà, specie tra i giovani, ma
probabilmente sarà minoritaria. Inoltre, stando all’Inps, circa la metà
degli utilizzatori si muove sul mercato del lavoro «tra diversi
contratti a termine o cercando di integrare rapporti di lavoro a part
time o indennità di disoccupazione» e anche questo spiega perché la
percentuale di occupati che lavorano poche ore non cresce.
L’altra
metà risulta formata soprattutto da giovani, donne in età centrale e
pensionati. I voucher sono forniti da piccole imprese, restano escluse
le famiglie, che non li utilizzano perché non possono permetterselo o
perché non ne sono informate, più probabilmente perché tutto rimane nel
sommerso, e non è conveniente alla famiglia stessa e/o al lavoratore
l’emersione con il voucher. Quanto all’aumento dei licenziamenti, altro
argomento «caldo», non possiamo affermare che sono dovuti alla
soppressione dell’ articolo 18, prima di sapere quanti sono relativi a
imprese sopra o sotto la soglia dei 15 dipendenti. Inoltre, dobbiamo
tenere conto della nuova legge contro le dimissioni in bianco. Una parte
dei licenziamenti potrebbe essere riferita all’emersione di ex
dimissioni in bianco e in questo caso si tratterebbe di un dato con un
aspetto «positivo», dal momento che ci sarebbero almeno tutele e diritti
per i lavoratori licenziati. Bisogna verificare quanti tra i licenziati
sono donne e immigrati, i segmenti più vulnerabili e ricattabili,
l’informazione faciliterebbe una lettura chiara del dato.
Infine:
la diminuzione delle assunzioni era un risultato prevedibile e atteso.
Se diminuisce per le imprese l’incentivo economico ad assumere, poi non
possiamo certo meravigliarci che si assuma di meno. Le imprese hanno già
assunto nell’anno precedente, e difficilmente avranno iniziato a
licenziare questi assunti, poiché così facendo, perderebbero i benefici
acquisiti. Un’ultima considerazione: i dati dell’Istat sull’occupazione
segnalano nel secondo trimestre una crescita, soprattutto per
l’occupazione dipendente a tempo indeterminato. A differenza del passato
non si tratta solo di ultracinquantenni (in gran parte effetto delle
mancate uscite per pensione) ma anche di giovani fino a 34 anni. Il
ritmo di crescita dell’occupazione non è elevato, tuttavia il segno è
positivo e non solo per l’aumento della permanenza nell’occupazione.
Certo luglio ha segnato una diminuzione, con un lieve recupero in
agosto. Abbiamo molta strada da fare per recuperare i dolorosi colpi di
questa crisi lunga e intensa. Cerchiamo di concentrarci su una lettura
seria dei dati non influenzata da interessi di schieramento. I numeri
servono per capire la realtà e agire meglio e con più efficacia per
cambiarla.