La Stampa 1.10.16
La delusione nel direttorio M5S
“Scelte fatte per disperazione”
“Virginia non ha più scuse”. Ma Di Maio e Di Battista plaudono
di Ilario Lombardo
A
nomine annunciate, l’effetto è stato prima di sorpresa, poi di
disappunto. La fronda ortodossa del M5S, la più critica verso l’operato
di Virginia Raggi, rappresentata all’interno del direttorio da Roberto
Fico, Carlo Sibilica e Carla Ruocco, è costretta a inghiottire in
silenzio le scelte della sindaca di Roma. Il rispetto che devono a Beppe
Grillo, che ha chiesto di non commentare i fatti di Roma, li costringe a
non rilasciare dichiarazioni. Non vogliono e non possono, perché ora è
tempo di ricucire, o almeno provare a farlo. Le uniche parole sono
quelle, abbastanza freddine, concordate giorni fa e che riflettono la
linea dettata dal capo politico e dallo staff della Casaleggio: «Sono
scelte di Virginia, la responsabilità è sua». Parole che, però, lette in
controluce rivelano l’isolamento di Raggi nel Movimento. I vertici non
vogliono più immischiarsi, perché non vogliono essere travolti da
eventuali fallimenti a Roma. Anche Ruocco, nelle ultime settimane
esplicita nei j’accuse a Raggi, si limita a confidare a chi le ha
parlato che «è un bene che la sindaca abbia finalmente trovato gli
assessori, adesso non ha più scuse».
Gli unici due a lasciare
apertamente un margine di credito a Raggi sono non a caso Luigi Di Maio e
Alessandro Di Battista, i membri del direttorio blindati dall’asse
saldato con Grillo e Davide Casaleggio e rilanciati dal palco di Italia a
5 Stelle. Andrea Mazzillo e Massimo Colomban «sono persone che ha
scelto Virginia, spero siano quelle giuste e facciano il bene della
città». Nel gioco delle parti è Di Battista a dare forza a Raggi,
confermandole «la massima fiducia», seguito da Di Maio che sembra
apprezzare soprattutto il nome di Colomban: «Ho avuto modo di
conoscerlo. È un grande segnale offrire a un imprenditore del Veneto che
ci ha fatto conoscere in tutto il mondo la sfida del risanamento delle
Partecipate di Roma».
Peccato però che non la pensino allo stesso
modo gli altri esponenti dell’organo di governo del M5S e gran parte
degli attivisti romani che hanno invaso di commenti chat e social
network nelle ultime ore. Dopo un mese di attesa e il triplice pasticcio
di un assessore - Marcello Minenna, che se ne va sbattendo la porta, un
altro, Raffaele De Dominicis, costretto a lasciare dopo 24 ore, e
l’ultimo che si sfila per non farsi impallinare dalle faide interne al
M5S - le aspettative erano altre. «La sensazione - ragiona un membro del
direttorio che chiede l’anonimato - è di scelte fatte per emergenza,
quasi per disperazione» Non piacciono i profili, le competenze «non del
tutto adeguate» alla gigantesca prova di Roma. Non piace che Raggi abbia
rivendicato di aver puntato «su due militanti qualificati», andando
contro tutta la storia recente del Movimento.
Sono nomine che
hanno il sapore dello spoils system tanto caro ai vecchi partiti e tanto
criticato dal M5S che aveva annunciato solo nomi di prestigio, esperti,
tecnici, scelti in base al curriculum. Così non è stato. Colomban
conferma la partecipazione diretta della Casaleggio nel casting della
giunta. Amico di Gianroberto, è a capo della Confapri, un’associazione
di imprenditori che raduna nel suo Think Thank alcuni grillini come Vito
Crimi e il veneto Davide Borrelli, a sua volta braccio destro di
Casaleggio Jr nell’associazione Rousseau. Inoltre, nel 2010 è stato
candidato con una lista a sostegno dell’attuale governatore leghista
Luca Zaia. «E poi cosa ne sa un imprenditore veneto di società
partecipate romane?» si chiede un altro membro del direttorio.
Non
va meglio per Mazzillo. Anzi: «Tutto questo tempo e alla fine fai una
scelta che sa di ripiego? Uno che si è candidato prima con Marchini, poi
con il Pd, infine con noi, nascondendoci che era stato con Veltroni?».
Anche sui suoi titoli c’è grande scetticismo ai vertici del M5S e tra i
parlamentari: «Stiamo parlando della città con un debito di 13 miliardi.
E pensare che avevamo Minenna...». Oggi Di Maio, Ruocco, Fico e Sibilia
si incontreranno, senza Di Battista, a Mirandola, in occasione
dell’inaugurazione di una palestra distrutta dal sisma e ricostruita
grazie a 420mila euro avanzati dalla campagna elettorale del 2013. Sono
le prove generali di una fragile pacificazione. A sorpresa, potrebbe
spuntare anche Grillo. Per la foto di famiglia: il patriarca e i suoi
figli che sorridono ai flash con le fauci pronte ad azzannarsi a
vicenda.