La Stampa 18.10.16
Alla fine sull’Italicum sarà cruciale la Consulta
di Marcello Sorgi
La
campagna per il referendum valica i confini nazionali con la dura
replica del vicesegretario del Pse Filibeck a D’Alema proprio sul tema
della consultazione sulla riforma costituzionale. All’ex-premier e
leader del “No”, che aveva incluso i Socialisti europei in una sua
personale lista dei “poteri forti” schierati per il “Si”, invitandoli a
farsi i fatti propri, Filibeck ha ricordato che il referendum italiano è
stato al centro di una riunione del Pse e la decisione di pronunciarsi
per il “Si” è stata presa alla fine di una discussione di cui D’Alema
era al corrente e ora dovrebbe tenerne conto, proprio in quanto membro
del Pse.
In realtà D’Alema continua a tenere la guardia alta anche
per condizionare la minoranza del Pd, che dopo essersi schierata per il
“No” all’ultima riunione di direzione ha aperto una trattativa con la
maggioranza renziana sulla legge elettorale. Se la trattativa dovesse
approdare a un accordo, il “No” della minoranza potrebbe rientrare alla
vigilia del voto, favorendo la vittoria del “Si”.
Ma l’intesa -
nella commissione voluta da Renzi in cui in rappresentanza della
minoranza è entrato Cuperlo - non è affatto facile, anche se ad esempio,
a premere perché si realizzi, s’è fatto avanti Chiti, dopo che Renzi si
era detto disponibile ad adottare la sua proposta per risolvere il
problema dell’elezione dei senatori nel Senato riformato. Secondo questa
proposta i candidati dovrebbero essere votati insieme ai consiglieri
regionali ma in una lista a parte, in modo che siano gli elettori a
decidere chi deve andare a Palazzo Madama. Recuperare l’elezione
diretta, invece della semplice riproduzione proporzionale degli
equilibri esistenti nei consigli regionali, rafforzerebbe sicuramente il
ruolo dei membri del Senato riformato, ma riaprirebbe con gli alleati
del Pd il problema della composizione della Camera alta. La soluzione
proporzionale infatti era stata individuata di fronte al timore che, con
quindici regioni su venti controllate dal Pd, il partito di Renzi
potesse avere il controllo totale delle due Camere.
Di qui il
compromesso, che la trattativa nel Pd ora è destinata a rimettere in
discussione. E se questo è l’effetto del “lodo Chiti”, immaginarsi cosa
potrà accadere quando la commissione metterà mano ai più controversi
nodi dell’Italicum, a partire dai capigruppo bloccati che interessano i
partiti minori. Chissà che la soluzione migliore, senza nulla togliere
al tentativo di riportare il sereno nel Pd, non sia aspettare che a
pronunciarsi sia la Corte costituzionale.