martedì 18 ottobre 2016

La Stampa 18.10.16
Raddoppiano i poveri
E i giovani colpiti dalla crisi superano gli anziani
Nel Sud gli italiani si rivolgono alla Caritas più degli immigrati In gravi difficoltà le famiglie monoreddito e i lavoratori precari
di Roberto Giovannini

Questa interminabile crisi da cui il Paese non riesce mai a uscire ha fatto impennare il numero dei poveri, che sono passati da 1,8 milioni nel 2007 ai 4,6 milioni del 2015. Un’esplosione di miseria che in questi anni non è stata di fatto contrastata, dicono i numeri; anche se il governo promette interventi già da quest’anno. Un fenomeno terribile che ha accentuato criticità tradizionali - per la prima volta nei centri della Caritas al Sud si sono presentati più poveri italiani che poveri immigrati - ma che ha generato anche situazioni del tutto inedite. Sono infatti entrate in crisi aree sociali finora poco vulnerabili: chi vive al Centro-nord, le famiglie giovani, i nuclei con uno o due figli minori e quelli in cui ci sono persone che hanno un posto di lavoro. Un lavoro, evidentemente, a reddito molto basso e saltuario.
È un colpo alla bocca dello stomaco il Rapporto 2016 sulla Povertà della Caritas. Perché rivela che la povertà assoluta (la condizione di coloro che non hanno le risorse economiche necessarie per acquistare beni e servizi che servono per vivere in maniera dignitosa) è un male che colpisce il 7,6% della popolazione italiana, contro il 3,1% del 2007. Ma soprattutto perché fa capire che è una condizione che tocca l’intera struttura della società. Compresi i giovani (oltre il 10% di chi ha meno di 34 anni è un povero assoluto); comprese le famiglie con pochi bimbi; compresi i lavoratori, che sono precari o con stipendio troppo basso.
Secondo le indicazioni dei 1649 centri di ascolto della Caritas, l’età media delle 190.465 persone che hanno chiesto un aiuto è di soli 44 anni; una volta erano molto di più gli anziani. Oggi si presentano allo stesso modo uomini e donne; un tempo erano soprattutto le donne. E se a livello nazionale sono gli stranieri in maggioranza coloro che si rivolgono alla Caritas (57,2%), nel Mezzogiorno gli italiani hanno fatto il sorpasso e sono al 66,6%.
Dati che fanno il paio con quelli pubblicati ieri da Eurostat. Nel rapporto sulla situazione sociale, l’istituto di statica europeo afferma che l’Italia è tra i Paesi che hanno registrato i maggiori aumenti del rischio di povertà ed esclusione sociale tra il 2008 e il 2015. Con una crescita di 3,2 punti percentuali l’Italia siamo quarti, battuti solo da Grecia (+7,6), Cipro (+5,6) e Spagna (+4,8). Il 28,7% degli italiani è considerato in difficoltà, cioè a rischio povertà o esclusione sociale. Infine, viene considerata in stato di «grave deprivazione materiale» ben l’11,5% della popolazione italiana: vuol dire non potersi riscaldare bene in casa, non poter sostenere una spesa imprevista, non poter mangiare proteine almeno una volta in due giorni, non poter fare una settimana di vacanza.
Il governo, con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, rivendica le misure già varate o potenziate per poter fronteggiare il fenomeno povertà. «Nel 2017 partirà il reddito di inclusione, che potrà contare sulle risorse di un fondo specifico: 1 miliardo di euro l’anno», più i 500 milioni stanziati nel recente ddl di bilancio, dice Poletti. «Ma l’impegno per dare un aiuto alle persone in condizioni di difficoltà - continua il ministro - è già stato avviato. Dal 2 settembre è infatti stato esteso a tutto il territorio nazionale il Sia, Sostegno per l’inclusione attiva, una “misura ponte” di cui potranno beneficiare le famiglie in condizioni economiche disagiate con almeno un componente minore, oppure con un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza». Sono 750 i milioni disponibili per questo strumento. Dichiarazioni che non soddisfano l’opposizione, che spara a zero sul governo con Arturo Scotto (SI), Mara Carfagna (FI) e i senatori M5S della Commissione Lavoro del Senato.